GOD OF THE BASEMENT "Bobby is dead"
(2021 )
“Bobby Is Dead” è il nuovo album dei God of the Basement, progetto nato in uno scantinato dell’East End londinese per volere di Tommaso Tiranno (voce) ed Enrico Giannini (chitarra e sampling) e poi sviluppato definitivamente nelle periferie toscane, in virtù degli ingressi in pianta stabile di Rebecca Lena (basso e visual art) e Alessio Giusti (batteria).
“Bobby Is Dead”, pensato come il racconto della storia di due personaggi misteriosi di cui conosciamo pochissimo, è il disco di una formazione che si presenta come rock band, ma che mostra una naturale tensione verso l’ibridismo e la contaminazione, guardando ai Talking Heads, ai Gorillaz, a St. Vincent, ai Radiohead, ai TV on the Radio, in un percorso musicale che passa per art pop, funk, hip hop old school, ma senza mai perdere solidità e compattezza.
Il disco è relativamente breve, ma riesce a regalare un numero davvero importante di spunti: se l’intro è affidata all’alt rock robotico di “Yeah Yeah Yell”, già da “Six Six Cigarettes” emergono le prime sfumature soul funk. “Honestly” è costruita su un passo vagamente danzereccio, mentre i due strumentali “NDRTKN #1” e “NDRTKN #2” risultano arricchiti dalla presenza di Niccolò Caldini, aka 10G.
“Never Made It to Hollywood” è densa di elettricità e somiglia a una marcia tribale, mentre la seconda versione di “Six Six Cigarettes” (“Remix Six Cigarettes”), con X & Her, prende una decisa piega hip hop. “Seven Eight Night” finisce in territori cari a St. Vincent, prima della chiusura affidata all’ottima “The Haunted”, in compagnia con i fiorentini Dust and the Dukes, e alla titletrack, che invece strizza l’occhio al tex-mex dei Calexico.
“Bobby Is Dead”, al momento, è una delle migliori uscite italiane di una stagione lunga ancora due mesi, ma la sensazione è che ci siano tutti i presupposti perché si possa dire lo stesso anche più avanti. (Piergiuseppe Lippolis)