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NOT MOVING  "Live in the eighties"
   (2021 )

Se qualche giovinastro pensa che il rock italiano alternativo degli anni ottanta sia stato solo Litfiba e CCCP, io sono qua, in qualità di testimone e superstite, per smentirlo.

Infatti in quegli anni la scena underground italica viveva tante altre realtà, movimenti e sotto movimenti. Una tra le più cool era il garage rock con una marea di band al seguito a contendersi l’esiguo pubblico a disposizione. Si trattava di una derivazione del rock sixties psichedelico (13th Floor Elevators e The Seeds) che, rivisto sotto la lente distorta del punk e ibridato con l’immaginario truculento dei B movie horror, metteva in scena live esplosivi tra personaggi dai look irriverenti e alti tassi alcolici.

I Not Moving erano gli alfieri del movimento in Italia.

Guidati dalla carismatica cantante Rita Lilith Oberti e dal chitarrista Dome La Muerte, un autentico rocker made in Italy proveniente dai leggendari Cheetah Chrome Motherfuckers, uno dei gruppi leggenda dell'hardcore italiano, e sostenuti dai tamburi fumanti di 'Tony Face' Bacciocchi, avevano qualità superiori sia tecniche che compositive rispetto agli altri gruppi della stessa nidiata.

Nati in piena ondata Paisley Underground, in Italia, i Not Moving sono stati coccolati dalla stampa alternativa e militante (allora era una fede ascoltare musica non mainstream), che arrivò a produrre con Claudio Sorge, direttore di Rockerilla, il primo Ep con la “Eletric Eye” e poi con Federico Guglielmi di Mucchio Selvaggio, che si occupò della supervisione artistica, il 12 pollici “Black'n'Wild” e l’album dell’86 “Sinnerman”.

Oltre alle produzioni discografiche, ottime recensioni, qualche passaggio in Rai e un endorsment di Jello Biafra dei Dead Kennedys, i Not Moving sono stati i protagonisti di lunghissime tournée in tutta Europa e soprattutto in giro per l’Italia con la data storica dell’84 al Palasport di Milano, per l’apertura del concerto dei Clash.

Questo disco è il reportage dei loro live travolgenti, con il pubblico in trance, vicinissimo ai musicisti se non addirittura sul palco, e anche se la qualità della registrazione non è perfetta, riesce a trasmettere tutta l’energia rock’n roll di una band davvero in forma.

Si passa dal power punk di “I Know Your Feelings” alla Crampsiana “Catman”, agli echi Stooges di “No Friend of Mine”, ai cori a due voci che rimandano a Exena Cervenka e John Doe degli X nel tiratissimo “Looking for a Vision”, allo psychobilly darkeggiante “Spider” (con la chitarra di Dome La Muerte in grande spolvero), a ”Suicide Temple” tra i riff Fuzztones sostenuti dalla Farfisa di Maria Severine Rocchetta, all’acid-rock di “Goin’ Down”, il tutto condito da quattro cover: una “Cocksucker Blues” degli Stones rivitaminizzati, una selvaggia “Break on Through” dei Doors, “Kissin Cousins” di Elvis Presley in versione punk, e una “I Just Wanna Make Love To You” riarrangiata come se Willie Dixon fosse caduto in un pentolone di anfetamina.

Purtroppo come in tutte belle storie arrivò la crisi, e quella del settimo anno fu fatale per i Not Moving. Rimangono le carriere soliste di Lilith e quella di Domenico “Dome La Muerte” Petrosino e qualche reunion (attualmente sono in giro con la sigla Not Moving Ltd) per consolarci della mancanza di quei live pirotecnici, dei capelli a caschetto, delle collane con i denti di squalo, di quei locali pieni di pazzi che muovevano la testa come in preda a un rito sciamanico, dell’orgoglio di sentirsi parte di una minoranza legata solo dalla passione per il genuino rock‘n roll.

Bei tempi, lacrimuccia, fine. (Lorenzo Montefreddo)