recensioni dischi
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FRANCESCO SETTA  "Fenice"
   (2021 )

Non è la prima volta che rock e rap si incontrano, da quella volta che gli Aerosmith e Run DMC abbatterono un muro tra loro, in un iconico videoclip. Ora Francesco Setta propone l’unione in una formula sua e aggiornata ai tempi. Tra le righe dei suoi testi, Setta ci informa che ha “fatto tre dischi che hanno fatto flop”, ma il titolo del nuovo album comunica la sua determinazione: “Fenice”.

Dopo un “Intro” elettronico, “Un collo per una forca” su base blues canta un terzinato (formula ritmica che intonano spesso i rapper, tatata tatata) dove emerge la sua personalità, e qualche frecciata: “Cretino, non balli il latino cantato da rapper che non caghi più”. Ogni riferimento a xA-J è puramente casuale! “Sabato sera trash” descrive una tipica situazione di festa forzatamente glam, che in realtà è noia: “Ci sono due quarantenni che ballano ''Aserejé'', e intorno a loro ventenni che sventolano flambé (…) e ci attacchiamo al trenino diretti a Maracaibo (…) guarda anche il karaoke, ma che disagio stasera (…) i ventenni di prima adesso fanno i toyboy”. Chissà la reazione di Jep Gambardella!

Con “Cuore di seta” Francesco mostra il lato più romantico e melodico, con una chitarra acustica e suoni angelici di tastiera. Sembra davvero di ascoltare tutt’altro cantante, con un’altra intenzione, come un Grignani rilassato: “Non pensiamo al futuro sempre, non pensiamo neanche al presente, non pensare, non pensiamo noi. Se poi sfioro il tuo cuore adesso, come non è mai successo, è pura seta tra le dita mie”. Con “Skit” invece si entra nel lato puramente rap, con tanto di flow, dove Setta dichiara il suo profondo motivo per continuare a fare musica: “La musica deforma la materia e la distanza, mi dona l'immortalità, motivo in più per vivere, se esisterò per sempre nel cuore delle mie liriche”.

Torniamo al miscuglio con “Foxy”, dove Francesco canta di una femme fatale, con una forza vocale che ricorda quella di Anastasio; ma il mio cuoricino 90s riconosce sotto il ritornello un vocalizzo che assomiglia “You know you’re right” dei Nirvana. Su un basso synth distorto invece si sorregge “Gioventù bruciata”, che vuole aggiornarci sulle nuove generazioni, che per certi versi non sembrano molto diverse da quella di James Dean: “Noi vogliamo gridare, picchiare, senza frenare, e vogliamo da bere, godere tutte le sere”. Altro pezzo pop semiacustico “Amore/Odio”, che narra un malinconico giro in auto: “La pelle del volante scivola tra le dita, la radio passa un pezzo dei Negrita (…) schiaccio fino in fondo l'acceleratore, sale la rabbia insieme ai giri del motore, io paura non ne ho”.

Continua il filone acustico sentimentale con “Mondi lontani”, su un musicista di strada, mentre la titletrack rap “Fenice”, probabilmente, nelle scalette dal vivo di Francesco deve essere il pezzo d’apertura, perché sa proprio di sipario che si alza: “Ritorno sulla scena come rientra in scena un classico”. Ultimo pezzo strutturato è “Neve”, brano introspettivo sorretto dal pianoforte, dove un uomo prende il coraggio per dichiararsi a una donna: “Stavi studiando, scusa se interrompo, vorrei parlarti, me lo dai un secondo, il cuore dritto nella gola spara, non hai neanche un filo di mascara”. L’”Outro” finisce scherzando sul divano facendo zapping, su un coro di “purupu”, con esito comico-demenziale.

Sono tante le anime di Francesco Setta, e lui ha deciso di dar voce a tutte. Un po’ rapper, un po’ popper (no, suona male così), un po’ voce pop (ecco), un po’ rocker e un po’ satiro. (Gilberto Ongaro)