BEPPE DETTORI & RAOUL MORETTI "Animas"
(2021 )
Squadra che vince non si cambia. Dopo il risultato metafisico dell’omaggio a Maria Carta “(In)Canto Rituale”, la voce di Beppe Dettori e l’arpa di Raoul Moretti si ritrovano nuovamente, per la nostra gioia. Il loro fortunato incontro crea un mondo, che ora dà alla luce “Animas”, altri undici regali per le orecchie, in cui l’ex cantante dei Tazenda e l’arpista sperimentale accolgono molti ospiti.
Beppe e Massimo Cossu suonano le chitarre acustiche, mentre ai cori troviamo Giovannino Porcheddu e Federico Canu, che suona le percussioni nella titletrack, cantata in limba (peculiare forma di poesia sarda). Ma andiamo con ordine, questa è la quarta traccia. L’album si apre con “Oro e diamante”, messo in apertura per continuare il discorso da dove era terminato. Infatti, le parole sono dedicate ancora una volta a Maria Carta: “Una melodia delirante, tradizionale, un ritmo incessante, così profondo, così leggero, il tuo cuore di diamante”. La musica segue soluzioni armoniche da rock psichedelico, con gli strumenti acustici, e l’esito è magico. La seconda strofa è in sardo-logudorese (per i non sardi, bisogna sapere che da zona a zona, la lingua sarda porta con sé numerose variazioni linguistiche).
Il brano “Continuum (serpens qui caudam devorat)” è aperto e chiuso dal Concordu Tenores di Orosei, che nel tradizionale coro sardo (dalla sonorità riconoscibilissima) intonano un Kyrie Eleison, e successivamente un canto in latino con parole di speranza, che si contrappongono alla voce di Beppe, che invece, sopra l’arpa malinconica, canta parole di disagio e rassegnazione in inglese.
“Anime confuse” sfocia nella drone music, un fondo abissale in cui la voce dialoga con la tromba nientemeno che di Paolo Fresu. Al centro, l’arrangiamento è arricchito da note tremolanti di chitarra elettrica, rendendo il tutto ancora più psichedelico. Poi, col sax di Gavino Murgia, arriva “Le distopie di Orwell”, titolo che contiene uno scrittore ultimamente citato anche a sproposito dai più, ma che qui trova la sua dimensione, nell’espressione dell’umana paura. Il testo è ripetuto come un mantra: “Io vorrei potermi risvegliare da questo spaventoso incubo ma tu, tu come stai? Come un treno deragliato, come un tessuto male ricucito, sento che non so più di me”.
Qualcosa è cambiato nella coscienza di tutti noi, (almeno in chi una coscienza ce l’ha). In “Eziopatogenesi” c’è un elenco di sintomi e malattie, pronunciato con fare ironico ed esorcizzante, sciorinato mentre arpa e chitarra intessono un’armonia che si ispira a Bach. L’elaborazione del lutto è il fulcro di “Figiurà”, brano in dialetto stintinese, con ospite addirittura Franco Mussida (PFM).
Ed è il momento per un po’ di nord. Sì, perché Raoul Moretti è italo svizzero, proveniente dal Lago di Como. Dunque, sia egli che Dettori sono “uomini d’acqua”, l’uno dolce, l’altro salata. E allora per “Ommini d’eba”, si incontrano sardo e dialetto laghee, per il quale non poteva non esserci Davide Van de Sfroos! E così, il clima celestiale del duo viene per un attimo condito dalle atmosfere folk terrene e bucoliche del violino (Andrea Pinna).
Ben presto si torna al trascendente, con “Sardus Pater”, che porta il nome di un’antica divinità Shardana. Per la sua invocazione, arrivano i FantaFolk ad arricchire la musica, con organetto diatonico e il tin-whistle. Uno sprazzo di elettronica di Stefano Agostinelli accompagna “Cose dell’anima”, dove Max Brigante recita una poesia in italiano, ripresa cantando da Beppe. Curioso e gustoso il pezzo finale: “Battordichi pinturas nieddhas”. Si tratta di una cover in inglese, italiano e sardo di “Fourteen black paintings” di Peter Gabriel, uno dei pionieri della world music. Questa versione straborda di elementi: Lorenzo Pierobon accompagna la voce di Beppe con diplofonie tibetane, e compare un altro coro sardo, stavolta i Tenores di Bitti Remunnu ‘e Locu, e resta intatta la caratteristica suggestione che solo l’arcangelo Gabriel sa creare.
“Animas” fa vibrare l’anima anche a chi non crede d’averla. (Gilberto Ongaro)