MUDSAND "A clown in town "
(2021 )
Pochi soldi ma tante idee sono le premesse con le quali Mudsand (Sandro Sgarzi) ha concepito l’opera seconda “A clown in town” riuscendo, però, a coinvolgere una fitta schiera amicale di musicisti bravi e passionali.
Nonostante tutto, il raccolto è di quelli floridi, della serie “piccoli miracoli accadono”. 13 i brani in elenco, forgiati con la mente (ana)logica di chi è convinto che l’emozione sfoci attingendo dalle metodiche di lavorazione del passato, in modalità home-recording, per ricavarne delle demo come si faceva una volta.
A schiudere il percorso spetta a “Realize yourself”: pimpante indie-pop suonato con un ricco intreccio di chitarre, mentre “Unlucky” alza la velocità in formato rock-wave assai slegato da stilemi tradizionali. In generale, colpisce l’impronta British che il Nostro ha saputo imprimere con quel narrato semi-sussurrato à là Pet Shop Boys: please, riscontrare in “Move them away”, o “The sounds are falling”, ed i conti tornano, come se fosse in atto una fusione tra Jam e Pavement.
Invece, sia “Look outside” che “Convert the love” donano spensieratezza senza mostrare superficialità con un easy-listening adulto e sensato. Poi, irrompono le stilose “Your head in my hand”, “Cannonball” e “Feeding my mind”, che richiamano certa nobiltà sonora dei Monochrome Set. A laccare l’opera, tocca alla placida “Next time”, tanto stramba quanto fascinosa nel punteggiare una malinconica tastiera filo-circense.
Già in forza come bassista e co-autore dei Phono Emergency Tool, Sandro ha saputo sterzare alla grande nel viaggio solista. “A clown in town” sa di piccola, grande impresa, e tutto è successo (è bene ricordarlo!) con scarsa pecunia ma tanto cuore: e, forse, è stato meglio non disporre di una sontuosa produzione alle spalle, poiché avrebbe condizionato quello slancio compositivo con il quale Mudsand ha saputo, invece, sorprendere ed emozionarci con gusto vintage. (Max Casali)