recensioni dischi
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EUROPE  "The final countdown"
   (1986 )

Brutti tempi, gli eighties, per gli amanti del rock duro. Ci sarebbe stato un colpo di coda finale, quando i vari Poison, Tesla, Guns n’Roses, Skid Row e compagnia bella, con le chiome bionde e la cervicale che urlava per i tanti su e giù dei testoni davanti ai microfoni, inondarono le onde corte. Prima, però, c’era poca roba. Per cui, quando nell’autunno 1986, ci fu il parallelo boom di Bon Jovi e Europe, la gente restò quasi spiazzata. Loro venivano dalla Svezia, avevano avuto problemi con il nome (già in uso da una oscura band in qualche parte del globo), ed erano al terzo album. Che partiva con slego di tastiera, e continuava con chitarre elettriche a palla, per quelli che erano i livelli di 20 anni fa: la gente andò fuori di testa. Un cantante boccoluto, clone maschile di Lena Biolcati (andatela a cercare, googlemaniaci che non siete altro!), un chitarrista appena arrivato e che non aveva fatto nemmeno in tempo ad apparire sulla copertina, e un video preveggente, dove i 5 scandinavi venivano iperpremiati con dischi d’oro a raffica. The Final Countdown, eccoti qua: ai pulzelli dell’epoca bastava imitare il parapapa-parapappappa iniziale, o il rockthenight del secondo singolo, per vantarsi di essere metallari al pari di chi andava in giro con le patch degli AC/DC o dei Venom. Ci fu anche il lento strappalacrime, quella cheeeeeeeriiiii che fu terzo singolo. Era un rock annacquato, poco amato dai puristi che mal vedevano quello squasso di tastiere che fece la fortuna della title track: era stato sopportato dai Van Halen di “Jump”, ma qui si esagerava. Conquistato il mondo, diventata sigla di qualsiasi vittoria sportiva (e quindi irrorata da scalcinate casse in ogni palestrina dove i prodi di casa vincevano), gli Europe non andarono oltre. Altri 2 album, lo scioglimento, la svolta adult-oriented di Joey Tempest, la riunione. Gli esperti hanno sempre detto che il gruppo meritava più considerazione da parte degli amanti del genere, perché al di là del successo commerciale non erano malaccio. Ma bastò il ritornellino di TFC per mandarli tra gli evergreen: se poi i fans dei Metallica li avrebbero presi a pomodori in faccia, poco male. (Enrico Faggiano)