DEMAGO' "Ferite"
(2021 )
La crepa è la ferita del muro, come ogni zona d’ombra è quella dell’anima. Con una cover-art emblematica ed eloquente, il quartetto umbro dei Demagó ci anticipa uno dei primari leit-motiv trattati nei 4 pezzi dell’e.p. “Ferite”, successore di “Linea di confine” che uscì sei anni fa. Il combo è in evidente crescita poiché è riuscito, con questo lavoro, a fondere l’impeto cantautorale con soluzioni moderne, centrando cosi l’obiettivo intenzionale, grazie tuttavia al notevole apporto dato dai producers: Fusaroli, Guberti e Lambertini dell’area (R)esisto Distribuzione.
Il calarsi negli abissi introspettivi comincia col singolo “Il mio demone”, sorretto dall’efficacia di una guitar-line fluida e gagliarda, che non deraglia mai alla ricerca di chissà quali stranezze esecutive mantenendo, cosi, un centrato assetto ritmico. Invece, “Precario” ha un gradevole gusto pop-rock, opportunamente forgiato per allentare la tensione tematica legata all’incertezza generale che scorre nel nostro vivere ed al sentirsi provvisori in tutto, nel quale il narrato del singer Emiliano Bruschi lambisce quello di Pau (Negrita). L’arrivo di “Le mani” è il crocevia basilare per medi(t)are sulle cicliche ed incalzanti attese di resurrezione personali, mentre si brancola nel buio del cosmo riflessivo.
A serrare l’opera, spetta al pop-indie di “Stendimi”: vibrante sfogo allarmistico contro il tedio che atrofizza il pensiero generazionale, incupito da insicurezze crescenti e dilaganti. Di questo lavoro, mi è piaciuto il fatto di non essere autoreferenziale, conservando tuttavia l’aspetto sincero della loro espressività, e ciò è indicatore di ricerca testuale senza cadere nel retorico ed evitare, cosi, di farsi catturare dall’ansia della prestazione di mercato. Meglio la libertà creativa che sbavare per facili consensi commerciali. Autentici come pochi: applausi! (Max Casali)