recensioni dischi
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PADUANO  "Apolide"
   (2021 )

Non c’è pandemia che possa bloccare l’urgenza di narrare, descrivere, comporre, plasmare, scolpire in qualsiasi forma d’arte. Se poi, nel mondo delle sette note, pullulano cantautori sensibili come il partenopeo Paduano (Antonio), per il Covid è battaglia persa. Almeno, in questa guerra in cui ci ritroviamo, lui ha la meglio iniettando sul mercato il luminoso debutto “Apolide” con nove brani in carnet, che racchiudono la sua personalissima visione d’insieme su tematiche di autoconoscenza, sul tempo protagonista del nostro vivere e, intrinsecamente, sull’amore, ricorrendo ad un formulario sonoro che ostenta bandiere indie-folk e retaggi di alt-rock ‘90’s, piacevolmente immersi in rigagnoli d’elettronica. I singoli “Due secondi fa” e “Le mie scarpe nuove” sono già due bei spunti affabili e moderni, tra dolcezza e ritmia sincopata, e quello che si ascolta non sono “Briciole” ma, bensì, tanto gradimento ponderativo; ed anche se ci si imbatte in modalità ballad, Paduano le profuma con gustose essenze autoriali, come riscontrabile in “Solo una volta”. Talvolta, il suo cantautorato “Borderline” viaggia su linee pulsanti e idealiste che fan bene alla causa, mentre “Midtro” è stranezza futuristica che piacerebbe alla Laurie Anderson del 1981 di “O Superman”. Con tal fantasia, per Antonio si profila un “Orizzonte” roseo, arricchito con occhio da “Apolide” scritturale che non delimita il suo stilismo in confini prefissati ma saprà, comunque, attualizzarli in ogni nuova occasione. “Sul punto di fuga” conferma un’identità chiara e determinata, prossima alla definitiva maturazione se affinerà, ulteriormente, i dettagli produttivi. A conti fatti, non suscita dubbi che “Apolide” sia opera prima riuscita e ben contemplata, nella quale il verace fervore narrativo di Paduano è palesemente schietto, frutto di un accumulo d’idee che non potevano rimanere segregate solo nel suo microcosmo. Quindi, riscontrata la buona intenzione di questo esordio, ora toccherà a lui non smarrire l’impegno schierato, per volturare la buona “premessa” in concreta “promessa” del nuovo cantautorato italico. (Max Casali)