PAULINE ANNA STROM "Angel tears in sunlight"
(2021 )
Mentre lo scorso 19 febbraio questo album veniva pubblicato e reso disponibile nel nostro mondo, Pauline Anna Strom era già volata nel suo. Se ne è andata a 74 anni, il 13 dicembre del mortifero 2020, per cause rimaste ignote.
Ammantato di un diafano pallore che ne esalta la preziosa filigrana e ne arricchisce le trame, “Angel tears in sunlight” segna il ritorno di Pauline a quattro anni da “Trans-millenia music”, raccolta affatto compilativa che comprendeva l’intera sua produzione risalente agli anni tra il 1982 ed il 1988, flusso interrotto fino all’ultimo ritorno, paradossalmente postumo.
Edito ancora per la gloriosa RVNG Intl., l’album riveste un’importanza capitale se si pensa che le nove tracce (più una bonus track) che vi trovano collocazione sono i primi inediti realizzati dalla Strom in più di trent’anni. Pauline, non vedente dalla nascita, viveva da quasi quattro decenni nello stesso appartamento a San Francisco, al contempo dimora e studio, circondata da sintetizzatori & macchinari assortiti, in compagnia delle due fedeli iguane Little Solstice e Ms Huff.
Altro non serve, se è vero che quel microcosmo viene eletto al rango di mondo intero, la parte per il tutto; al confine tra ambient, musica concreta, glitch, modulazioni e drone music si materializza per il tramite di un minimalismo eletto a linguaggio espressivo un universo paradossalmente capace di evocare colori e sfumature come fossero percepiti dall’anima anzichè dagli occhi; in vita, una incessante ricerca meditativa, interiore, mistica, l’ha portata ad essere consigliere spirituale e guaritrice, pensiero al servizio di una concezione della musica legata ad intuizioni non riconducibili al comune processo creativo, un’arte inafferrabile nella quale la forma perde rilievo, come lo sviluppo dei brani, la tonalità, il ritmo.
Come fosse il mormorio della Terra, “Angel tears in sunlight” è energia da captare ed incanalare lungo percorsi estranei all’immutabile unidirezionalità del tempo; meno ostico degli esordi, non più così astratto (vestigia riaffiorano in “Marking time” e “Tropical rainforest”), procede per piccole variazioni con animo pacificato, quieto, luminoso. Coglie della vita il rapimento estatico di “Equatorial sunrise”, la brillantezza scintillante di “Tropical convergence”, la tensione compassata à la Badalamenti di “Small reptiles on the forest floor”.
Oltre il testamento che lascia, rimane una musica esangue ma lieta, trascendente, senza tempo, avulsa da qualsiasi possibile categorizzazione, lontana da questo mondo. Puro spirito, nulla più. (Manuel Maverna)