QOHELET "Qohelet"
(2021 )
Il ritornello di una vecchia canzone di Angelo Branduardi, così dice: “Tutto vanità, solo vanità, vivete con gioia e semplicità, state buoni se potete... Tutto il resto è vanità”. Questa è la trascrizione, per l’occasione adattata da Branduardi per adeguarla ad un ritmo, di inizio e fine (antifona) del discorso di Qohelet (o Qoelet – che significa “uomo che partecipa all’assemblea”), sapiente d’Israele vissuto nel III sec. a.C, e facente parte dell’Antico Testamento. Uno dei libri più duri, dai contenuti tra i più complessi ma al contempo affascinanti, riguardanti il senso della vita e della morte, del dolore e dell’amore, del piacere e della ricchezza, valori e disvalori. In breve, un libro che, nella tradizione ebraico-cristiana, ha valenza sacra perché scava nell’uomo e nelle sue crisi esistenziali; uno dei punti cardine che caratterizzano il suo rapporto con Dio, nonché opera letteraria di assoluto spessore. Alessandro Seravalle e Gianni Venturi prendono riferimento da questo libro antico, ma attuale nelle sue provocazioni, dando origine ad un’opera interpretativa ed ispirata, che vuole la parola, l’orazione al centro di una proposta musicale aritmica. Un’opera sull’uomo di ogni tempo, spogliato da qualsiasi orpello, nudo di fronte ai grandi temi esistenziali (la copertina). Un incontro fonico e fonetico, tra le sonorità onirico elettroniche di Seravalle e le inquietudini letterarie di Venturi, che si traformano in un percorso labirintico cosparso di specchi, perché ogni parola recitata è uno sguardo riflesso, ora recepito, ora respinto. Aspetti che emergono da un’opera sull’uomo analizzata da un punto di vista letterario, non religioso, forse filosofico. Un oratore attuale, che si rivolge ad una assemblea ipotetica, sottolineando già da questo aspetto uno dei paradossi del nostro attuale mondo. Ma voglio pensare che anche in antichità ci siano stati presunti saggi, falsi sapienti, che non hanno saputo ascoltare, cogliere le provocazioni per farle proprie, bensì usarle per ricavarne alibi. Musicalmente è una sorta di reading, dove la Parola è protagonista e il tappeto sonoro evoca i tormenti dell’oratore, accompagnandone i lamenti. Un incontro tra due anime sensibili ed attente ai mali dell’uomo del terzo millennio, anche se, a differenza del testo biblico, ora non si intravede speranza alcuna. (Mauro Furlan)