IL QUINTO ELEMENTO "Introducing Il Quinto Elemento"
(2020 )
Uno strabiliante quintetto Acappella, questo formato da cinque cantanti toscane, al loro debutto su disco. Con tantissime esperienze personali e di gruppo sui palcoscenici di tutta Italia, le cinque splendide voci sfornano un progetto originalissimo e molto ambizioso. Nove i brani contenuti nell’album, tra composizioni originali e altrettanto originali cover, dall’approccio decisamente jazz ma che riescono a toccare altri stili. Impossibile non paragonarle a famosi gruppi Acappella d’oltreoceano come i Pentatonix o The Puppinini Sisters, ma se possibile le nostre ragazze sono ancora più straordinarie. La loro vocalità, unita al talento e all’indiscutibile tecnica, surclassa di gran lunga qualunque altro gruppo vocale abbiamo mai avuto in Italia, inclusi i pur bravissimi Neri Per Caso, e non fa assolutamente rimpiangere la totale assenza di un qualsivoglia strumento. Nel caso delle cinque ragazze aggiungiamo anche la loro capacità compositiva e gli strepitosi arrangiamenti della “capogruppo” Irene Giuliani. A parte le cover (alcune poco note come l’iniziale “You’re everything” di Karl Potter e Chick Corea - splendido biglietto da visita - altre conosciutissime come “Wannabe” delle Spice Girls) anche i brani originali sono notevoli. “Introducing Il Quinto Elemento” è più che altro una sperimentazione vocale in cui ognuna delle componenti si presenta, mentre “Anatrolley” è un brano in italiano che richiama qualcosa di già sentito degli anni ‘40, tra Gorni Kramer e il Trio Lescano, nel quale le cinque fanno anche “scat” (il tipo di improvvisazione vocale tipica dei grandi del jazz come Ella Fitzgerald). O ancora un’altra cover come “Acida” dei Prozac+ che comincia come una romanza lirica per poi proseguire con lo stile rock che meglio caratterizza il pezzo. Un disco perfetto quindi? Non esattamente, perché alla lunga le ragazze corrono il rischio di annoiare, troppe agilità vocali e tecnicismi potrebbero stancare. Prendiamo ad esempio la loro versione della sempre splendida “Eu sei que vou te amar” di Jobim e De Moraes, che - pur perfetta tecnicamente - diventa stucchevole con i troppi cambi di tonalità e azzardate armonie vocali che, per carità, sono probabilmente impossibili a chiunque altro, però... Nell’insieme comunque un ottimo disco, molto raffinato, nel quale eleganti, originalissime, straordinariamente brave, le cinque ragazze sanno come intrattenere e deliziare l’ascoltatore. (Francesco Arcudi)