recensioni dischi
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MARQUEZ  "I vinti"
   (2020 )

Marquez è il moniker di Andrea Comandini, artista cesenate attivo già dagli ultimi anni dello scorso secolo. A quattro anni di distanza da “Lo stato delle cose”, Marquez è tornato con un nuovo album, intitolato “I vinti”, un lavoro di dieci brani condensati in circa quaranta minuti, il cui principale riferimento è un cantautorato filtrato attraverso soluzioni rock leggero, ma già a partire da “Albatros” appare chiaro che “I vinti” offre di più, ricorrendo anche all’elettronica e a una serie di piccoli elementi che contribuiscono a calare alla perfezione l’album in questo tempo. Insieme a tutto questo, c’è un’atmosfera vagamente oscura e acidula che sembra permeare larghi tratti del disco, eccezion fatta per alcuni episodi più luminosi, come “La terra trema”, mentre è alta l’attenzione per la melodia, che abbraccia la profondità poetica delle liriche, novembrine e crepuscolari. Tutti i brani sono dotati di grande personalità e rimarrebbero in piedi anche al di fuori del contesto de “I vinti”, ma trovano la loro forza, allo stesso modo, in una visione d’insieme dove la precarietà e la caducità dell’esistenza, un certo esistenzialismo, la sconfitta dell’uomo, in senso lato, diventano canzone e si caricano di una potenza espressiva di certo rara. Fra i capitoli più belli, che arrivano come pugni nello stomaco e scuotono l’ascoltatore, è doveroso menzionare “Flagey”, scorbutica, la successiva “Il disgelo”, che si apre su carezze folk e si inerpica su una chitarra distorta nel finale, in un’atmosfera leggermente sospesa, insieme a “Quasar” e “I lupi alle porte della città”, con la prima vicina a un Ivano Fossati in abito sanremese e la seconda ancora cupa, sofferta ed evocativa. “I vinti” è un’opera solidissima, sotto tutti i punti di vista, a cui augurare tutta la fortuna possibile. (Piergiuseppe Lippolis)