recensioni dischi
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DEBUNK  "Doped life"
   (2020 )

Ma che gran goduria dischi così.

Va bene Arca e pure Sufjan Stevens, ma volete mettere una bella mitragliata di ventotto minuti come questi? Una cosa tra Misfits, Motorhead, Bad Religion e Ramones, dodici proiettili sparati a velocità massima a segnare i contorni di una legnata hardcore come ai bei tempi andati.

A compiere il graditissimo prodigio sono i Debunk, power trio reggiano formato da tre vecchie pellacce (Korra, Massa e Berta) ex Raw Power e Los Fastidios, qui al debutto lungo per la vicentina Sorry Mom! con le dodici tracce di “Doped life”, manna dal cielo coi suoi pezzi da due minuti che piovono come sassi in testa. Crudi e torrenziali, avanzano come un cingolato, non rinunciando affatto a dispensare nella loro foga incattivita una serie di messaggi che vanno ben oltre i proclami da bar.

Centrano tutto: temi, suoni, strofe, ritornelli, produzione, dinamiche, arrangiamenti, cori, riff (memorabile l’accoppiata “Accept your idea”/”What a shame”), stipando potenza e furia in ogni minimo anfratto.

Incrollabilmente fedeli alla linea, duri e puri fino al midollo, non scendono a compromessi e continuano imperterriti a pestare come forsennati senza decelerare neppure per sbaglio. Il canto è sempre frontale e battagliero, energico, vagamente minaccioso e adirato, la ritmica trita qualsiasi ipotesi di accondiscendenza, dalla bordata programmatica di “You’ll get me down” in apertura all’amaro dissenso di “You’ll not forget” in coda, passando per il trittico devastante di “New day”, sbavata e bislacca, “I want to be free”, che a Lemmy sarebbe piaciuta, e “Problem drink” con la sua scomoda invettiva contro la dipendenza.

Ah, c’è pure una canzone d’amore, sincera e delicata: si intitola “Only girl”, dura due minuti e dodici secondi, è una legnata hardcore come ai bei tempi andati. (Manuel Maverna)