MICHALIS MOSCHOUTIS "Classical mechanics"
(2020 )
Michalis Moschoutis è un educatore e compositore greco di stanza ad Atene. Da sempre interessato al suono nella sua accezione più pura, Moschoutis insiste su una piena immersione, tanto fisica quanto mentale, nell’ambiente e nel suono prodotto dagli oggetti. Non a caso, l’artista ha raccontato il fascino esercitato dalle produzioni del visual artist Roman Signer e, successivamente, da Pierre Berthet e Tetsuya Umeda, conosciuti tramite l’amico e direttore d’orchestra Ilan Volkov. Proprio con Berthet e Volkov, dopo l’invito al Borderline Festival del 2018, ha programmato una performance al Tectonics Athens. Ha visto così la luce “Classical Mechanics”, pubblicato poi a ottobre di quest’anno dalle celebre Room40 Records, un album di quattro brani per trentasette minuti di durata. Pensato come la messa in musica di movimento, azioni e reazioni, “Classical Mechanics” è tutto incentrato sulla purezza del suono degli oggetti, sull’intensità del momento, su un concetto che va ben oltre la semplice realizzazione in studio. Se in “Archery” figurano anche il sax soprano di Ilan Manouach e la tromba di Thalia Ioannidou, in “Soft Tissue” dialogano il qanun di Sofia Labropoulou e il thranophone di Ingi Erlendsson, e qua e là sono rinvenibili note di chitarra, di sintetizzatore, piatti e pianoforte, il focus dell’opera risiede altrove: i microfoni a contatto con diverse superfici, corde vibranti oltre le loro potenzialità, il rumore dei gamberetti e delle conchiglie sott’acqua, lo stesso Moschoutis che nuota, il respiro intenso di Thalia Ioannidou. Di una delicatezza impressionante, “Classical Mechanics” va oltre il concetto stesso di canzone, conquistando l’ascoltatore col passare dei minuti. (Piergiuseppe Lippolis)