EMILIANO MAZZONI "Emiliano Mazzoni"
(2020 )
Austero ed isolato come quel ramo d’Appennino che ha eletto ad eremo personale, da una ventina d’anni Emiliano Mazzoni è una voce defilata e disallineata del cantautorato nostrano. Se nell’estate del 2016 aveva positivamente impressionato con la grazia raccolta e umbratile di “Profondo blu”, misurato sfoggio di una classe ben celata dietro il paravento di ballate tanto morbide quanto infide, in questo quarto album da solista - lavoro altrettanto prezioso e ricco di spunti – raccoglie suggestioni, emozioni, ricordi sparpagliati che ricompone in fogge inusitate.
Pubblicato per Private Stanze/New Model Label e distribuito da Audioglobe, è un disco visionario e appassionato in un suo peculiare modo vagamente indolente, intriso di una poetica profonda dispensata in otto brani ambivalenti: appare teneramente bucolico, ma spesso ricama dettagli, particolari, notazioni che aggiungono ai testi un che di scabroso, una misurata insania, l’attesa indefinita di qualcosa.
Tra echi di De Andrè incastonati in trame suadenti e meste (“Stretti nella giacca”) e costruzioni più ambiziose (pregevole l’opener “Quei mercantili”, liriche evocative ed uno sviluppo soffocato nel cul-de-sac finale), brillano in particolare il noir feroce di “Quanta crudeltà”, il passo pigro à la Paolo Benvegnù su un pianoforte lontano di “Senza perdere nessuno”, gli accenti tardo-battistiani di “Ecco l’impossibile” e la cadenza squadrata à la Giuseppe Righini di “Immensamente Margherita”, commiato compassato che suggella con la consueta compostezza un disco amabile ed elegante, talvolta inquieto a dispetto delle sembianze concilianti sotto cui si cela. (Manuel Maverna)