recensioni dischi
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LE MARINA  "Libera"
   (2020 )

Hanno definito il sound di Le Marina future trip hop. La definizione calza in parte, soprattutto per il termine “future”, ma le ritmiche sono più contorte che nella trip hop anni '90. Sì, è vero, si parla anche di riferimenti ai Massive Attack, ma forse solo alla base, molto lontana e interiorizzata in lei. In realtà, i riferimenti sonori di Le Marina sono attuali più che mai. Questa voce, spesso doppiata e ingrossata (pitchata verso il grave), è tipica delle produzioni di Billie Eilish. Nell’elettronica avvolgente, i suoni sono tutti spinti al massimo, specie nelle frequenze basse, senza però saturare mai. Si lascia sempre spazio al vuoto. L’ultimo EP “Libera”, uscito per l’etichetta inglese The Sound of Everything, si apre con “I found a vhs”, dove emergono da subito i temi ricorrenti, paura e solitudine: “Too intoxicated, to feel scared (…) I hug myself in my lonely room”. Ci sono cuori multipli e multiple paure, perché il nome “Le” Marina allude a una personalità plurale. Il termine “vhs” del titolo richiama l’aspetto visivo dei recenti videoclip, tutti pieni dei tipici disturbi delle videocassette, che tanto amiamo noi millennials (e forse anche la generazione Z, ma con sguardo più critico). State attenti però a voler capire tutte le parole, che si confondono spesso e volentieri. Se mandate indietro, cadete nella trappola: queste canzoni possono dare assuefazione. “Say it sad” contiene altre espressioni di dolore (“I step on broken glasses”), e il terribile racconto confuso “I’ll never love you” entra nelle pieghe della psiche di un rapporto malato: “The blood of my skin (…) you took a knife to hurt me. I'm still alive (…) I’ll never love you, you said”. Un rumore sintetico passa a sinistra e a destra nelle cuffie, simulando i passi di una persona in fuga. “Dead end” sembra invertire la situazione precedente: “I lick a knife in the living room, don’t be silly I won’t hurt you. Dead end (…) Isolation is what I need to set myself free”. Sembra che la relazione sia un ambiente malsano e pericoloso, mentre la solitudine, nonostante la depressione sia sempre lì in agguato, è più sicura. Ma posso aver frainteso, poiché l’altra identità può essere l’ulteriore personalità di Marina. Il bello di queste musiche è che non sono del tutto esplicite. Sono dettagli emersi dal mistero. E anche gli efficaci video fai da te, dai profili scontornati, non danno risposte ma aumentano le domande. “Trauma” spinge al massimo tutto questo affascinante disagio. Percussioni elettroniche e disturbi rumorosi si fondono nella ritmica, difficili da distinguere fra loro. Le parole che si sentono ripetere non sono rassicuranti per niente: “Ah, look at what you did to me, you screwed me, you fucked me up”. Ti lasciano lì, a chiederti cosa diavolo sia successo, scacciando però il nome della violenza dalla mente. Anche perché non si sa se questa persona che “l’ha fottuta” sia un’altra o sempre una parte di sé. “You decide” a sorpresa ospita dei pad (tappeti sonori) più eterei ed onirici, come quelli che usa a tradimento David Lynch, tra un coniglio e un’espressione stranita di Laura Dern. Anche qui le parole, fra loro lontane, si perdono: “Only you… after all… to reach them… or to choke me. You decide”. Tu decidi cosa capire, e cosa fare. Ci sono sempre visioni nella nebbia, deformate. Nonostante la brevità di questo EP, sei brani per poco più di un quarto d’ora, qui c’è tanto: enigmi, elettronica, disagio colorato, doppelganger, voci sospirate e mostruose insieme. Le Marina è da seguire, esplorando anche i giochi precedenti, con molta attenzione ma anche con estrema cautela: rischiate di non uscire più! (Gilberto Ongaro)