TODD ANDERSON-KUNERT "Past walls and windows"
(2020 )
Questo lavoro si chiama “Past walls and windows” (appena uscito per Room40 Records), ma mi piacerebbe tradurlo in italiano, non letteralmente, con “Trasloco”. Chi ne ha vissuto uno può intuire il perché. Cambiare il posto dove abitare non è solo un’operazione fisica, significa anche tornare da lavoro e sbagliare strada i primi tempi, seguendo la strada vecchia. Cambiare il punto di riferimento della propria base, della propria tana, è uno squilibrio che viviamo in maniera più o meno intensa. Todd Anderson-Kunert l’ha vissuto con una sensibilità particolare, e si è ispirato, dice, alla filosofia Maya. I Maya arredavano città e case in maniera connessa, per ricordarsi che si vive contemporaneamente in una casa, in una città, in un mondo, in un universo. Quindi cambiare casa, significa anche cambiare punto nell’universo… per quanto sia relativamente più vicino di Alpha Centauri! Anderson-Kunert esplora così le tante possibilità del suo Moog, per descrivere in musica questi spostamenti di energia. Le sei tracce che costituiscono “Past walls and windows” si concentrano sull’avvio dei suoni, e sulla loro decadenza, elaborata finemente. “A single remark” ci accoglie con degli avvolgenti ma statici bassi, sopra i quali un morbido acuto viene fatto vibrare. “Left hanging”, traducibile con “lasciato pendere”, come un lampione spostato dal vento in una stanza vuota, rappresenta al meglio il concetto della ricerca di Todd. Il suono iniziale compare e scompare. Nell’incontrarsi degli altri suoni, il fade out (scomparsa) di uno coincide con il fade in (comparsa) dell’altro. I primi gravissimi suoni di “A sense of place” spariscono presto, per lasciarci di fronte a levigatissimi suoni piccoli ed appuntiti. Sembrano avvicinarsi a noi, e poi allontanarsi fino ad avere solo luccichii lontani come stelle, osservate da un soffitto trasparente. “4 better left” contiene tuoni amorfi, che gradualmente assumono le sembianze di una precisa nota. In alto, onde quadre sviluppano armonie in tonalità minore; a qualcuno può sembrare triste, a qualcuno può mettere paura. In “For those that need” il Moog sembra trasformarsi in organo a canne: suoni soffici e costanti, manipolati in modo non aggressivo. “An echo” chiude il viaggio nelle pareti passate, con gravi bassi saltuari, come pulsazioni del cuore, e acuti resi cristallini. Insomma, traslocare può essere un’esperienza traumatica, ma affrontare il trauma può allargare lo sguardo attorno al nostro spostamento, e darci forza. (Gilberto Ongaro)