BEPPE DETTORI & RAOUL MORETTI "(In)Canto rituale - Omaggio a Maria Carta"
(2020 )
Maria Carta è una delle voci rappresentative del canto sardo, in particolare del cantu a chiterra, del gosos e dei canti religiosi tradizionali. Beppe Dettori, voce dei Tazenda dal 2006 al 2012, decide di incidere un omaggio a lei chiamato “(In)Canto Rituale”, e lo fa assieme all’arpista sperimentale Raoul Moretti, che usa arpa classica e arpa elettronica. Il risultato è metafisico. Dettori alterna parti cantate e recitati, in cui tende a ripetere tre volte l’ultima parola, marcando l’approccio rituale evocativo. Otto melodie emozionanti si susseguono nell’album, che inizia con lo “Stabat mater”: “Ci sono farfalle che avvolgono il tuo canto”. Queste parole di apertura sono direttamente rivolte a Maria Carta, e al suo lascito impresso nei dischi e nell’anima della Sardegna. E poi inizia il cantato: “Istas mama soberana de lagrimas emprendada…”. Alla fine ritorna il discorso delle farfalle, in spagnolo. La celeberrima “No potho reposare”, di cui ricordiamo l’appassionata versione di Andrea Parodi, qui viene restituita in una dimensione del tutto eterea. Gli arpeggi di Moretti sono fluidi come acqua, e la sospensione creata mette in evidenzia la nota melodia, ma Beppe qui sembra contenersi. In “Ombre” invece fa di tutto: note gutturali gravissime, diplofonie tibetane, acuti vibranti. Poi inizia a narrare. Le parole sono tratte da un libro di poesie di Maria Carta, raccontano il tragitto di 4 chilometri, che una bimba di otto anni doveva fare all’alba per stendere i panni. Le ombre che sentiva e vedeva la spaventavano, e per esorcizzarle cantava al fiume. A questo racconto contro la paura, Beppe dona una forza zen: “Uscivo con la cesta dei panni in testa, facevo il viottolo a piedi per andare al fiume, ai lastroni di pietra. Ombre. Ombre. Ombre. Ommmmmmmbre”. Per “Deus ti salvet Maria” imbraccia la chitarra e affianca Raoul, che suona l’arpa con lo slide, facendo botta e risposta al cantato. Rispetto alla versione distesa di Carta sull’organo, qui si avvia una ritmica in 6/8, spostando le coordinate verso l’Irlanda. Emerge sempre l’elemento world music, che abbatte i confini in un melting pot musicale. Dopo lo slide, Moretti strofina l’arpa con l’archetto, creando un fondo avvolgente, in “A Bezzos de Ida mia”, dove Dettori raggiunge i picchi d’intensità vocale dell’intero disco. Con “Ballu”, chitarra e voce, con terzine di “tìchiti” rimandano ai momenti più caldi della cultura, quelli dove si danzerebbe in maniera sfrenata. Ma l’arpa trascende l’esigenza del corpo, eseguendo arpeggi che sanno d’Olimpo. La “Corsicana” viene implementata all’inizio e alla fine, da un habanera (“Gris”) del cubano A.R. Ortiz. Infine un loop ipnotico d’arpa elettronica caratterizza i primi due minuti di “In Su Monte Gonare”, sostituiti poi da una ritmica stoppata di chitarra. Ciò che resta impresso qui è il cantato di Dettori, che accanto alle parole sarde e agli acuti, richiama accelerazioni sillabiche indiane, come quelle del maestro indiano Manjunath B C. “(In)Canto Rituale” è un omaggio rispettoso a Maria Carta, testimonianza che tramanda la tradizione, facendola comunicare con le tradizioni altrui. (Gilberto Ongaro)