JESTER IN JAIL "Memories faded & broken hearts"
(2020 )
Già dal titolo dell’album “Memories faded & broken hearts” si intuisce che i Jester in Jail sono rockers dal cuore tenero.
Matthew (voce e chitarra), Thom (voce, tastiere e basso) e Branco (batteria) sono tre giovanissimi talentuosi marchigiani che hanno scelto la lingua inglese per raccontarci il loro mondo.
Musicalmente cercano di miscelare le schegge di quello che rimane del punk (quello un po' annacquato dei Green Day) con qualche spruzzata di britpop, tutto diluito con ballads più romantiche dettate dagli immortali temi sentimentali, che hanno già lasciato cicatrici nei loro giovani cuori.
Forse i Jester sono ancora una creatura ibrida, un gruppo che rincorre un’identità precisa, tra tante buone idee e qualche cattiva tentazione, ma il disco si fa sentire anche grazie all’attenta produzione affidata a Paolo Messere.
Però devono decidere se vogliono essere una band che porta novità e acqua fresca alla causa, o la band di un’estate di ragazzi carini ma monostagione, tra l’altro in un genere che, forse, le sue stagioni migliori le ha già dietro le spalle.
Come dicevamo “Memories faded & broken hearts” è un disco tutto sommato godibile, con tanti pezzi carini (ahhh… giuro che odio dire carini...) e qualcuno veramente trascinante e divertente.
Il disco inizia a farsi interessante con “Liars on the moon”, un punk rock con un coraggioso cambio di ritmo che trasforma la tensione del brano e sposta tutto su territori più languidi: esperimento riuscito.
Poi arriva “Now we are nothing under the morning light”, con cambio di cantante (ora c’è Thom alla voce), e il giovanissimo tastierista, malgrado l’eta, sembra una specie di Matt Berninger dei National, con il timbro vocale basso ed avvolgente ma anche meditabondo, come al risveglio dopo una serata alcolica e una conseguente scelta sbagliata, durante la nottata, dentro il letto. Sembra un altro disco ma anche questo funziona.
Dopo “When I'm Alone”, una toccante ballad dolente sulla solitudine, ci pensa “Oh, Feelings!” a tirarci su, con un po' di sano indie rock alla Strokes, con quel tipico andamento caracollante che ti fa venire subito voglia di muoverti. Ammetto che è il mio pezzo preferito.
“Ellie” parte bene, con la voce profonda di Thom, ma poi un coretto tipo spot televisivo la porta in una direzione pericolosa.
Dopo il classic punk rock (molto Green Day ma anche un po'
The Who) “Mannequin”, arriva il momento accendino con la commuovente ballata “Run”, magistralmente interpretata da Matthew.
“Memories Faded & Broken Hearts”, oltre a essere la title track, è anche il centro del disco e mette in mostra tutte le attitudini della band, partendo con piano e voce e finendo in crescendo su chitarre distorte, creando, tra le varie riprese e i cali di dinamica, una vasta gamma di emozioni. Forse non sarà originalissimo ma è un brano maturo e ha già il sapore di un classico.
L’accorato finale live di “On the road”, con chitarra acustica e voce, dimostra come i nostri abbiano tanta qualità anche fuori dalla sala di registrazione.
Quindi i Jester in Jail sono una realtà da tenere d’occhio.
Sempre, però, in un’ottica evolutiva che li liberi dalla pressione, in fase di composizione, dell’invadente influsso dei propri riferimenti musicali (magari anche nell’uso del lingua). Ma la giovane età, la passione, il talento e soprattutto la grande sensibilità li aiuteranno nell’impresa. (Lorenzo Montefreddo)