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BAMBARA  "Stray"
   (2020 )

Ecco l’album che si apprezza quando il sole è già tramontato. Dieci ballad come un film di violenza e tormenti, ma anche di una dolcezza, quella dolcezza che solo gli ultimi sanno raccontare.

Schiacciamo play, allora, sul recente lavoro dei Bambara.

“Miracle” parte su un tappeto di tastiere ad invitare il basso, e poi via alle chitarre ed alla voce baritonale di Reid Bateh. È un crescendo in cui la band si accende sul finale, quando chitarre e synth alzano il volume in una progressione che sa un po’ di epico.

Ci arrivò la dritta di quanto la voce rappresentasse uno degli elementi distintivi dei Bambara, e già dall’incipit scopriamo anche un piacevolissimo senso melodico (e viene facile il primo accostamento con Matt Berninger).

In “Heat lightning” si apprezza la batteria incazzosa e sempre presente, mentre “Sing me to the street” incanta nel suo incedere quasi malinconico, arricchito dai controcanti femminili che creano un’azzeccata alchimia con il vocione di Bateh.

Se questo non fosse il quinto album dei Bambara, potremmo dire che è figlio di Nick Cave and the Bad Seeds, o di quella musica che i cattivi semi facevano fino alla tragica scomparsa di Arthur Cave (poi il discorso umano e musicale sarebbe cambiato radicalmente), o, ancora, a quei Madrugada il cui album d’esordio ha da poco festeggiato i 20 anni. Ma, visto che non mancano mai i noiosi (inutili?) ma inevitabili riferimenti, possiamo dire che non ci paiono troppo lontani anche dagli Spiritual Front. E basta, direi!

Per chi ha voglia, diventano interessantissime anche le liriche, che raccontano storie al limite; racconti che non avrebbero sfigurato nelle Murder Ballads 2.0 e, meglio di tutti, servirà l’esempio di “Serafina”. Se a livello musicale apprezziamo una sessione ritmica perfetta nel creare una cavalcata d’altri tempi, è con le liriche che siamo traspostati in un film a cavallo tra horror e poesia. È il film di una ragazza piromane che, da un ospedale psichiatrico, arriva in un bosco: “Odore di benzina tra i capelli… Posare come morenti amanti di Pompei… Bruceremo e piangeremo e non moriremo mai”. Estratti da far strinare i peli delle gambe; potremmo solo aggiungere “Fuoco e Fiamme, fuoco e fiamme” e avremo fatto tombola (non devo spiegare il film di riferimento, vero?).

Con “Death croons” tornano i controcanti femminili, e “Stay cruel” offre i momenti migliori nel recitato di Reid Bateh e nell’insolita tromba che bacia gli accordi della sei corde elettrica.

Fila liscio così fino alla fine, con una “Ben & Lily” che mantiene il mood dell’album, una più raccolta “Made for me”, e le conclusive “Sweat” e “Machete” (si poteva chiudere meglio).

Non sono una band all’esordio, non sono il miglior gruppo in circolazione, e ho dei dubbi che questo “Stray” possa diventare il miglior album del 2020. Ma sicuramente è un album notevole (a tratti superbo) e, virus permettendo, i Bambara sono uno di quei gruppi che ci immaginiamo in live set veri e sanguigni e coinvolgenti. Bravi. (Gianmario Mattacheo)