FRANCESCO VANNINI "Non siamo mica le star"
(2020 )
Pop italico d’autore, estivo e spensierato. Pulito ed immediato: per bravi ragazzi. Ancora una volta, radiofonico. Interamente scritto, arrangiato, programmato, eseguito e cantato, poi registrato in proprio. Inoltre, curato graficamente e con regia e montaggio di relativi videoclip inclusi. Insomma, siamo in presenza di una one-man-band nel senso più lato della locuzione. Sarà questo particolare rilevante a far comunque apprezzare una produzione che, come gran parte del pop di italica estrazione, di originale ha però veramente poco. Le tematiche, certo, sono degne d’approvazione, a partire dai racconti inerenti ad una società moderna vista dal basso, dall’osservazione cinica e distaccata della medesima, con riferimenti più intimi e delicati, in un mondo che va in frantumi. Dunque un pop che musicalmente si attiene strettamente ai modelli già conosciuti del genere, ma s’inebria con l’autenticità e con l’entusiasmo che, fortunatamente, proviene ancora da una non completata notorietà. E’ un pop che, sempre musicalmente, si serve delle programmazioni elettroniche per completare quadretti sonori già ampiamente tratteggiati dal canto e/o dal suono di chitarre e/o dalle tastiere. “Iene” è il primo brano ed è supportato da un videoclip dai tanti colori, frapposti sull’immagine in movimento del cantautore Vannini. E’ un brano che parla del mondo ai tempi dell’ossessione dell’immagine. Apparenza allo stato puro, cinismo ed egoismi e sentimenti fini a sé stessi, come iene che aspettano di divorarsi a vicenda. “Non siamo mica le star”, con melodie un po' da bacchettoni, parla semplicemente della gente comune, che regge il paese, alle prese con la realtà e con le sue battaglie quotidiane. “Resta comodo”, anch’essa con melodie pulite e mai stravaganti, prende di mira il mondo dei social, con tutti gli effetti collaterali connessi all’eccessivo utilizzo dei medesimi. Con la strana tendenza di confondere spesso la realtà virtuale con quella reale, e viceversa. “Canzoni dentro di me” (con una base ritmica guidata dall’emulazione elettronica di un raid di batteria, non proprio entusiasmante per i puri della ritmica acustica) insieme a “Lascia in pace il tempo” (con una strana cadenza musicale che insiste verso melodie che ricordano Laura Pausini, in versione maschile) sono i momenti più sentimental-romantici dell’album. Poi c’è il maldestro tentativo blues di “Cobalto”. Al di là delle frasi slogan e dei contenuti tutto sommato sensati, che, pertanto, avrebbero meritato ambientazioni musicali d’altro tipo, più consoni alle espressioni liriche. “Preghiera” è un’invocazione laica di sentimenti di una certa positività, che non si può non condividere. E poi “Qui ora”, che forse è il brano più misurato e musicalmente giustificabile, motivabile, approvabile, stando al contesto. Parla della musica, intesa come viaggio interiore, viaggio nei suoni, nell’influenza delle vibrazioni, nella capacità di percepire la realtà esteriore per il tramite del filtro musicale, delle “onde sonore in progressione”. Infine “Se sono bravi tutti”, di degregoriana estrazione, è una sorta di anatema verso un mondo capovolto, in cui il concetto di bravura viene abusato e svenduto e dove serpeggia il brutto. E chiude così, con una certa nota di pessimismo, un album che nel suo genere ci entra a pieni voti. Non proponendo alcun tentativo di rivisitazione o piccola rivoluzione sonora nelle partiture, tanto da far sorgere il dubbio che si stia sperimentando qualche forma di contaminazione musicale. Ciononostante è un album apprezzabile, per la volontà e l’impegno musicale profuse dal cantautore Vannini, curatore unico di tutti gli aspetti artistici e, dunque, esclusivo referente di un prodotto discografico che ai puritani ed ai metodici del genere pop di sicuro non mancherà di piacere. (Vito Pagliarulo)