recensioni dischi
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KAWABATA, PINHAS, MUJICA, PEREIRA & HIGASHI  "Alturas"
   (2020 )

Creatività fantasmatica ed ardimento inter-etnico, almeno nell’intercambio e nell’osmosi di segni, sono espressi dal cimento di due personalità sperimentatesi nel lungo corso della band nipponica Acid Mothers Temple con quanto sopravvive del gruppo electro-rock francese Heldon, arruolando dal Perù un duale apporto etnico.

Vi è in realtà un precedente per tale esperienza, ossia il festival musicale sperimentale Integraciones di Lima, che nell’edizione 2017 invitava i chitarristi delle band citate ad incrociare in jam due iconici talenti della locale scena: rispetto al bilancio di tanto melting finora speso (e spesso non senza arrischiata spregiudicatezza) negli ultimi decenni, le soluzioni di un così composito ensemble qui esitano in una visionarietà strutturata e mimetica e, quanto alla fisionomia del risultante sound, arduo inquadrarlo in base alla tesa Introducción, atmosferico passaggio che nel concentrato minuto d’estensione prelude con efficacia ad una catturante e suggestiva sequenza, a partire dalle metallescenti scansioni e dalle vaghezze vocali di Campanas, in cui i citati strumenti dispensano senza enfasi il loro ruolo sia celebrativo che di richiamo, entro una coloristica dimensione onirica.

Affidato ad elettroniche e percussioni in crescendo, il breve Intermedio funge da legante transitivo verso le squillanti vigorie di Andinas, altro breve quanto concentrato passaggio in cui il doppio fronte di chitarre elettriche riguadagna le proprie energie solistiche, sostenuto da un’intensa strutturazione ritmica idiomaticamente molto legata alle scansioni dal più montano e boscoso sud-America.

Più ambiziosa per timing e strutturazione Super Andina, che delle ispirative catene montuose dipana spirito sciamanico e profonda arcaicità, palesando con segni concreti ma anche pulsioni metafisiche la più criptica essenza delle “alture” del titolo, conducendo all’epilogo di Charango, che prende il nome dal minuscolo cordofono locale, qui in guisa di disincarnato spirito-guida volteggiante sopra magmatici quanto torridi flussi elettroacustici.

Pur relativamente impensabile, una triangolazione tra Giappone, Francia e Perù in questa formula rilascia tracce e passaggi di un’intesa fattiva e a più tratti potente, da cui si dipartono le energie convergenti delle corde elettriche di Makoto Kawabata e Richard Pinhas, gli speziati apporti tradizionali di Manongo Mujica e Juan Luis Pereira, rispettivamente investiti su strumenti percussivi amerindi e su aerofoni d’area andina, infine il potente legante operato dalle catalitiche e calde elettroniche di Hiroshi Higashi ; a ciò si combina il valore aggiunto operato dal mixing (e post-produzione) spettacolare di Ale Hop e, al di là della contenuta ambizione d’installarsi quale edizione in vinile miliare entro il catalogo Buh records (già oltre il centinaio di uscite), la registrazione manifesta l’interessante obiettivo d’infondere combinatorie energie etnico-elettro-acustiche su un ultra-millenario patrimonio, proponendone un’animata rivisitazione non scevra di (proprie) implicazioni semantiche e rituali. (Aldo Del Noce)