recensioni dischi
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GREG FOX  "Contact"
   (2020 )

“Contact”, realizzato per la RVNG Intl., è un album in cui protagonisti indiscussi delle otto tracce che lo compongono sono la percussività ed il sincronismo ritmico della batteria. Un’arte forsennata ed impaziente, con un linguaggio che sembra provenire da altre dimensioni. Una canalizzazione alchemica di influenze ed idee, attraverso lo scambio cinetico di forme percussive, che, accedendo a stati grezzi e puri, trasformano il sensibile tumulto sonoro in colpi di batteria. Particolare la persistente relazione sinergica del musicista Greg Fox con la sua tecnica sonora. Ossia, una cospirazione sonora che si sviluppa in una sorta di matematica jazz e metal. L’album in esame segna un periodo di intensa crescita creativa, emotiva e spirituale del musicista. In particolare, il concetto di sensazione viene musicalmente analizzato secondo un ideale filosofico, lasciando trasparire l’essenza del fenomeno, quale sensazione nell'esperienza del vissuto. Con l’associazione di nozioni buddiste inerenti alle sensazioni fisiche e mentali, dolorose e piacevoli, con cui ci si può liberare, attraverso il processo di riflessione interna. Nell'album c’è la trasformazione del silenzio in suono, ed inizia col suo brano d’apertura, "Vedana", ossia un clamore di percussioni accordate che risuonano in spazi ampi. Un brano che pare avere la funzione di risvegliare le anime degli ascoltatori dal torpore in cui sono. Il tutto prima di immettersi nelle maglie ritmiche della palpitante “Arising and passing” e della successiva "Contact (sukha & somanassa)". Brani di una certa valenza tecnica, del batterista Fox. Ritmi e sensazioni, tutti incastonati in rullate improvvise, stacchi, sincronismi rullante-cassa-tom, accompagnamenti in crash e ride. Sperimentazioni ritmiche che incuriosiscono e tendono ad alzare il livello di attenzione, man mano che si va avanti nell’ascolto. Con “Paresthesia” per un attimo la frenetica ritmica pare prendersi un po' di pausa e dare spazio a sonorità un po' diverse, a base di pattern ritmici che sbocciano in melodia, per poi essere intercettati da un drumming leggero, veloce, diretto e senza ornamenti. Quello di "Contact (dukkha & domanassa)". Così mesmerizzante, tecnicamente impattante. Quello spazio occupato viene poi ceduto alla leggerezza melodica di “Ill Being”, che, insieme alla successiva “From the cessation of what”, costituisce la coppia di brani più interessanti dell’album. Dove ha sede il logos della filosofia sonora di Fox e la relativa espressione artistica raggiunge il suo massimo splendore. L’originalità dei contenuti conferisce qualcosa di esemplare all’intero impianto sonoro. Soprattutto la seconda parte di quest’ultimo brano, quando i pattern sembrano trasformare i fusti della batteria in un carillon. E poi trasformarsi in un ritmo frenetico ma stabile (alla Jojo Mayer), a sostegno di un accompagnamento, si direbbe, appena dalle sembianze fusion. Infine “Contact (upekkhà)”, chiude il ciclo e lo fa assumendo le vesti ritmiche di un tribale, incastonato nei cambi repentini e nelle veloci rullate. Ossessivo e ripetitivo al punto giusto, fino poi a diventare amichevole, confortevole. Un album, questo “Contact”, complessivamente destinato ad ascolti non facili, ma consapevoli, sperimentali e sperimentatori. Il messaggio proviene dalla forsennata tendenza ritmica, dai tecnicismi e dai rigorismi. Dal suono. Un suono che si confonde col ritmo. Un ritmo che però è percussività, colpo, impulso. L’importanza dell’impulso. (Vito Pagliarulo)