recensioni dischi
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HINTERWELT  "In silico"
   (2020 )

Dietro il moniker Hinterwelt si nasconde il mondo elettro lo-fi e sample-based-connected-with-instruments del musicista Renaud-Gabriel Pion. Un compositore ed improvvisatore che divide il suo tempo tra Parigi e Berlino. Di formazione classica ma anche autodidatta, alle prese con l’elettronica sperimentale ma anche con la naturalità degli strumenti acustici, prevalentemente a fiato. Con una base musicale classica europea, sviluppa un modo moderno di creare musica, che nasce dal confronto con la musica tradizionale, anglosassone, primitiva ed improvvisata. Un artista in senso lato, che vanta inoltre collaborazioni importanti. Con questo “In silico” (appena uscito per Audiotrauma Records), da intendere come un mondo trascendente nel (o dal) computer, si dilegua verso panorami sperimentali elettro-acustici di raffinata valenza. Di lunga gittata ideal-sinfonica. Preparatoria di immaginari coloriti ad opera di frequenze, minimalismi elettronici e beat leggeri, oltre che a base di samples attentamente scelti. Sono tredici brani (12 + bonus track) contrassegnati da una leggerezza sonora che non li rende mai inascoltabili. Possono risultare ai profani un po' complessi, ma mai al punto di suonare incomprensibili. In tutti si riesce, in modo discreto, sempre a scorgere l’immagine sonora delle idee alla base. O, per lo meno, delle idee che di sicuro i brani ingenerano nell’immaginario dell’ascoltatore. L’album prende piede dalla leggerezza electro-sinfonica di “Zeitgeist”, si assesta con i soundscapes di variegata natura sperimentale di “Russian”. Mette in gioco, con “Radiance”, una riuscita contaminazione con la vocalist statunitense Lisa Papineau, che sembra già di per sé un tappeto alle vere ambientazioni elettroniche con strumenti a fiati. Con “Lush” e “Cyborg” si raggiunge il punto più interessante dell’album. I suoni scintillanti ed ovattati del primo, densi di ulteriori interferenze elettro acustiche, e le apparenti indecisioni sonore del secondo, confuse anch’esse dalle incursioni di samples e loop. Sono tutte caratteristiche che assaltano l’orecchio. Inoltre, curiosamente, nell’insalata electro-ritmica di “Cyborg” si riconosce, rallentato all’occorrenza, l’avvenuto (legittimo o non) parziale utilizzo del loop iniziale di “Packt like sardines in a crushed tin box” dei Radiohead. Poi la maestosità magnetica e ipnotica di “Doppelganger”, seguita dall’andamento ritmico orientaleggiante, con tono fisso e ripetuto, di “Tala”. La meditabonda e mistica “Katana 2” e la sperimentale ed ermetica “Gorgo”. Verso la conclusione, l’ambientazione a contaminazione ritmico indiana di “Bunraku”, il beat elettro nipponico di “Neo-Tokyo”, la freddezza sonora ed immota di “Triangle” e le interferenze continuative nello scarno tappeto sonoro di “Artificial (bonus track)”. Un album affascinante, che induce ad una costruttiva curiosità. Guida verso l’intrapresa di un moto interiore, che porta all’ascolto. Un moto inconscio che spinge fino alla fine, sulla base della domanda fondamentale circa il dove si andrà a parare. E poi si scoprirà che l’arrivo è stato certamente almeno apprezzabile quanto la partenza. Ma non sarà sufficiente e, forse, si vorrà rifare il giro. O si avrà voglia di riascoltare l‘album. (Vito Pagliarulo)