CULTURE CLUB "Don't mind if I do"
(1999 )
Un reggae ci salverà, avranno pensato. Si erano sciolti nel 1986, travolti dalla crisi di ascolti, dai problemi di droga e dal caos sentimentale tra Boy George e il batterista, Jon Moss. Poi ognuno per la sua strada, con George a vedere scemare via via il suo appeal verso i media, e gli altri nel dimenticatoio. Con voci di reunion che iniziarono fin dal 1990, ma mai portate a compimento. Infin, nel 1998, sfruttando il ritorno in voga degli eighties e un programma di VH1 Classics, il contatto ci fu: Boy George, ormai dedito quasi solo alla consolle e a blandi dischi senza velleità di classifica, richiamò i compagni, e fece uscire l'ennesima raccolta dei Culture Club, stavolta però con inediti, un cd extra live, e nuove foto di copertina, a far capire che non era solo un espediente discografico, ma un vero progetto. "I just want to be loved", con video in cui tanti replicanti imitavano il look treccinesco dei bei momenti, era un provino di tanti anni prima e, come aveva fatto "Do you really want to hurt me" per aprire la carriera del Club nel 1982, o "Everything I own" per l'esordio solista nel 1987, fu un reggae a far tornare George all'apice. Bella classifica, quella inglese dell'autunno 1988, con Culture Club, U2 e George Michael in vetta, come esattamente capitava 14 anni prima. Ci voleva anche l'album e album fu. "Don't mind if I do", però, non seppe sfruttare il momento, anche perché probabilmente la gente voleva sentire sempre e comunque "Karma Chameleon", e poco interesse poteva avere per produzioni nuove. C'era ancora del reggae ("Your kisses are charity"), ma anche poche radio interessate alla diffusione: oltretutto, se negli '80s George poteva andar bene a tutti, ora sembrava soltanto rivolto al gay-market. Il sodalizio tenne botta il tempo necessario per le celebrazioni del ventennale, con concerto e DVD uscito nel 2002, poi ognun per sé, nuovamente. Ora c'è in giro qualche reduce dei CC, con nuovo cantante: se lo fanno i Doors senza Jim, o i Queen senza Freddie, possono farlo anche i Culture Club senza George. Ma non è la stessa cosa. (Enrico Faggiano)