recensioni dischi
   torna all'elenco


MHOLE  "Sporhes"
   (2020 )

Mhole, il grintoso e ambizioso progetto di Giovanni Leonardi e Moreno Padoan, dipinge con Sporhes un viaggio in un incubo distopico che sembra uscito da scenari vicini a Blade Runner e ai tanti film catastrofici che in anni recenti hanno riempito le sale. Industrial, techno, progressive, sperimentazione, avanguardia e anche un goccio di noise sono intrecciati con abilità dal primo minuto all’ultimo, in un tour de force claustrofobico e al tempo stesso esaltante.

Sporhes riesce a creare tutto questo grazie all’originale e complessa narrazione creata da Leonardi e Padoan, che tessono i fili di un mostro. Siamo in un mondo distopico, sulla terra restano in vita solo organismi unicellulari, batteri e gas tossici, una non-vita perenne che è il dramma e la fine, dell’uomo non resta più nulla. Sporhes rappresenta un tuffo nel buio sin dal primo secondo. Non sappiamo dove stiamo andando, ma semplicemente che stiamo scendendo negli abissi del mare e della nostra psiche, pronti a riemergere in qualsiasi momento con verità inconfessabili.

Così la psych-drone di “Toxicology Report”, che apre le danze del disco, stordisce come un colpo di vento fortissimo, che subito fa precipitare in un vortice ambiguo che pare rapirci e tenerci in ostaggio. L’ipnotica frana industrial che è “Shamanism” sembra rievocare spiriti tetri e sinistri, presenze inquietanti che seguono e spiano l’ascoltatore. Prove di apertura nell’aria, di respirazione a pieni polmoni è la torbida “Coniina”, che ricaccia chi ascolta fino in fondo alle proprie paure e ai propri terrori per riportarlo, ogni tanto, alla calma. Sono le esplosioni improvvise di questo industrial tremendo a creare choc continui, a portarci a una reazione obbligata, a dirci, gridando, che dobbiamo svegliarci.

Le reazioni ci sono, e non possono essere che violente e potenti. “Psilocybin” e “Stramonium” sono un concentrato di radiazioni tossiche, un mix letale di drone, di industrial e di ambient, che riescono a saziare anche i palati più fini. “Precatorius” non lascia mai pace, è un inseguimento e fuga dove cacciatore e preda sembrano scambiarsi di continuo di posto. Sporhes è un album difficile, non c’è che dire, ma sa conquistare e ipnotizzare chi ascolta. Le splendide vibrazioni di “Synapses Collapse”, per esempio, sanno far tremare e sedurre al medesimo tempo, come fa anche “Amanita Phalloides”. La chiusa, con “Neurotoxin” e la fumosa “Paroxysmal Syndrome”, è una splendida summa di questo ambizioso progetto.

Il talento e la grinta di Leonardi e Padoan sono netti, evidenti. I due sanno collaborare, sanno completarsi, sanno cosa vogliono. Il disco fila liscio, benché sia complesso, e regala in chi ascolta emozioni importanti, che si snodano attraverso complicati intrichi di drone music, di avanguardia e industrial, dove l’umanità è alla sua resa e i batteri trionfano. (Samuele Conficoni)