recensioni dischi
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THE BACKLASH  "Passing by"
   (2020 )

La band de “il contraccolpo” proviene da qualche colorito microcosmo, all’incrocio tra rock psichedelico, shoegaze e britpop. Da un luogo di perdizione (positivamente metaforico) denominato Right Bright Side. Vale a dire il piccolo laboratorio/studio di registrazione/label ove vengono concepiti i suoni, assemblati in melodie e prodotti. E’ un sound che i nostri ritengono faccia “stare bene”. Un modo d’intendere la musica che ha come principale contrassegno le chitarre in posizione distortion + reverb, il riff ed il consequenziale muro di feedback, oltre alla tipica tendenza melodico/sognante delle parti vocali. Insomma una mistura sonora a base di northern british rock in rivisitazione italica. Facilmente pensabile alla stregua di uno shoegaze brit/it-pop. In questo EP di quattro brani, “Passing by”, si sentono poi tutte le influenze della corrente british dei primi anni novanta del secolo scorso. Partendo dagli Oasis, passando dai Blur e dai Verve, sconfinando verso i Pulp, e via dicendo in un crescendo di strimpellamenti di chitarre distorte, chi più chi meno, con base di reverberi per riempire gli spazi e far sembrare tutto più immenso, riempitivo, emozionale. Se questi sono i presupposti si ha poco a che vedere, a pensarci bene, con la freddezza un po' indolente del british style. Come dicevano anche i saggi Pink Floyd in “Time”, “Hanging on in quiet desperation is the English way”. Sta di fatto che questo modo di sentire la musica, da parte di quelli de “il contraccolpo”, in realtà è un modo per vedere oltre e al di là delle nubi. Quindi cerchiamo di vederci chiaro attraverso questo piccolo scrigno di quattro brani, tutti a seguito del primo singolo “Everybody but me”. Un brano il cui mastering è stato effettuato (niente e poco di meno che) da Frank Arkwright (in passato al seguito di The Smiths, Joy Division, Oasis, Blur, The Charlatans, ecc.), presso gli storici Abbey Studios di Londra. Nella sostanza musicale il brano raccoglie linee melodiche che, direttamente o indirettamente, sono riconoscibili e si collocano facilmente nell’alveo musicale anzidetto. Di originale quindi non ha molto, se non il genuino entusiasmo di contestualizzare al meglio un fenomeno musicale, anche grazie al particolare suono derivante dalle tecniche di post-produzione, tipiche degli anni a cui s’intende far capo. Analogo discorso vale per “Far away”. Un brano, nella sostanza, lento e leggermente distorto, che fa molto Oasis. Che nell’idea del comune ascoltatore la si immagina venga cantata live, con tanto di parte vocale strafottentemente lamentata e canzonante e con la particolare posizione del vocalist, sbilanciato in avanti e con le mani dietro la schiena verso l’asta col microfono. Invece, con i suoi oltre sette minuti di durata, “My wrong” intende tracciare un po' tutte le caratteristiche del contenuto di cui si discute: ritmo sostenuto ma non serrato, distorsioni ampie ma non pesanti, cantato melodico non sforzato e con semplici variabili armoniche. “A handful of dust”, infine, è il brano meno caratteristico ma forse il più interessante. Pregno di sfumature e sonorità acustiche e vocali che lo rendono, si, sempre british... ma anche no. Forse è un tentativo di guardarsi intorno e sperimentare qualcosa che potrebbe rappresentare l’inizio di qualche altra avventura discografica. Un punto d’inizio da cui riprendere il discorso interrotto. In ogni modo è un EP, questo “Passing by”, non necessariamente destinato ad una platea di quarantenni/cinquantenni nostalgici, che, tra il grunge e l’insopportabile dance, negli anni ‘90, si cibavano musicalmente anche della fantomatica corrente musicale british. E’ un prodotto discografico di breve durata ma di buona intensità emozional-musicale, che può essere fruito anche da un pubblico più giovane, curioso, non superficiale. E’, in ogni modo, un album da cui si auspica sorga qualche trampolino di lancio verso sonorità non più così facilmente etichettabili ed annoverabili in stili, modi, musiche di un passato non troppo remoto da avere già l’urgenza di essere rievocato. A maggior ragione del fatto che poi, comunque, anche le correnti musicali in oggetto erano a loro volta rievocative di stili, modi e musiche d’altri tempi. Ma questa è altra storia. (Vito Pagliarulo)