NADDEI "Mostri"
(2020 )
Il produttore e arrangiatore Franco Naddei già noto come Francobeat (tre concept album alle spalle) decide di affrontare i mostri sacri che si agitano nella sua formazione musicale, e l’unica maniera che si propone per superare l’enorme sfida è farli entrare nel proprio mondo, imprigionarli e, una volta resi impotenti, risuonarli e ricantarli. Rimastica, stravolge, sconvolge, forgiando non delle semplici cover ma dei Frankenstein musicali (Francobeatnstein) per cuori impavidi e menti aperte. Su basi minimali, dall’ambient alla new wave, la voce cruda di Naddei rilegge i grandi della canzone d’autore italiana fondando e definendo un nuovo genere musicale: il cantautorave.
E allora tutto è permesso, la cassa dritta cancella gli eterei violini de “L’animale” di Franco Battiato, i beat spezzati spezzano Luigi Tenco (“Io sono uno”), gli Skiantos (“Sono Buono”) sono messi in Chemical terapia, cura Suicide per Piero Ciampi (“Più di cosi”), e Tavor più ansiolitici per i postumi relazionali di Fabrizio De Andre (“Verranno a chiederti del nostro amore”).
A Paolo Conte (“Un vecchio Errore”) scippa il piano e lo fa volare sulla luna per una sonata per voce e tastiere celestiali. Baratta la chitarra di Federico Fiumani con un synth molto “Summer on Solitary beach” che trasforma “Io proprio io” in un boogie infernale (o un outtake della” Voce del padrone”).
Stessa sorte per CCCP (“Io sto bene”), Rino Gaetano (“Tu, forse essenzialmente tu”) e Ivan Graziani (“La fame”), tutti sembrano usciti dal catalogo della Warp Record.
Naddei fa i baffi alla Gioconda, prende a picconate la Pietà di Michelangelo, e ride guardando i cocci.
Mentre noi ci chiediamo perché ci è piaciuto canticchiare i brani quando venivano straziati.
Forse perché, anche noi, abbiamo mostri da esorcizzare, fantasmi domiciliati in stanze del nostro cervello che avevano bisogno di una rinfrescata o addirittura una ristrutturazione.
E allora ci siamo affidati all’architetto Naddei, e ora, attoniti, ci chiediamo se la nuova veste sia meglio di quella originale. (Lorenzo Montefreddo)