recensioni dischi
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BEN BERTRAND  "Manes"
   (2020 )

Il nuovo lavoro di Ben Bretrand, “Manes” (appena uscito per Stroom/Les Albums Claus), ci proietta in uno spazio vasto, dove il protagonista è il suo clarinetto basso. Cinque tracce che sono cinque narrazioni astratte dilatate, strutturate su una somma di eventi ripetuti con la loop station. La live electronic di Bertrand in “Morton and Gyorgy in the Battista Mist”, propone un fondo tagliente (frantumazione granulare del rumore), dove si sovrappongono arpeggi agitati. La crepuscolare “Those behind us that we follow” è caratterizzata da una costante onda digitale tremolante, come le ultime braci ancora accese di un fuoco che sta per spegnersi. “Incantation 3” è letteralmente incantata su una successione di due accordi minori, distanti un semitono. Su e giù, senza scampo. E l’espressivo assolo di clarinetto suggella la voglia di fuga. “Delayed monologue” è particolarmente preziosa: i suoi loop ricordano contemporaneamente certi timbri di “Propriedad Prohibida” di Franco Battiato, e certi suoni acuti di “Magnetic Fields part.2” di Jean Michelle Jarre. Eppure tutto ciò che sentiamo è in realtà ottenuto dal clarinetto. L’esplorazione sonora si conclude su “The Manmaipo”, con una voce che intona una “A” sulla stessa nota, su uno sfondo acquatico, mentre lentamente il clarinetto torna, improvvisando malinconico e flemmatico. Un interessante viaggio mentale, scaturito da uno strumento non sempre così approfondito. (Gilberto Ongaro)