OUR PLACE IN SPACE "Our Place In Space"
(2020 )
Un viaggio alla ricerca di sé stessi, per capirne la reale dimensione avvolta nello sterminato universo che riduce a microscopiche fattezze la nostra esistenza: è quello che si assapora nella proposta degli Our Place In Space, capitanati da Alberto Busi con la complicità artistica di Luisa Bonvicini Stermieri: entrambi uniti dalla curiosità di catturare altri piccoli segmenti del fascino insito nello spazio e nella vita stessa. Ma, per dare uniformità al progetto, optano di allestirlo sotto forma di concept-album. Con otto tratte fluttuanti (più l’estranea quanto inutile bonus-track “What do you think”), l’astronave dei Nostri decolla con la robotica sonorità di “Moon”, certificando non solo l’assenza di gravità ma anche di parole, le quali arrivano subito dopo nella severa spazialità di “Running”, inscatolata dentro una vocalità turbata che denota timore dell’ignoto, mentre “No more” (presente anche nella nebulosa versione italiana “Non ce la faccio più”) mantiene i nervi saldi per non cedere all’inquietudine e lasciarsi cullare in un mood lineare e rassicurante. La domanda di sempre rimane, comunque, quella se ci siano altre forme di vita nel cosmo: e vuoi che gli Our Place In Space non provino a cercarle con il guizzo temporale di “Timelapse”, per poi scrutare gli orizzonti con lo space-mantra di “Alien”? Qui, ormai, siamo in un’altra dimensione, nella quale si ingigantisce il nostro ruolo lillipuziano, spesso senza averne coscienza; ma, grazie alla spinta emotiva della ricerca, siamo estasiati dal mistero dei contorni, dal fascino della scoperta, dall’interrogativo universale di essere posizionati in un miracoloso equilibrio, che non vuol dire tutto rose e fiori ma fomenta anche un aspetto “triste”, il quale si manifesta nell’espressività timorosa di “Sad”. Incalza, infine, la voglia di localizzare la propria identità in “I like to”, strutturata come se Morissey fosse ipnotizzato dai loops degli Ultravox. E’ ora di far ritorno a casa con una certezza in tasca: piccoli siamo e piccoli rimaniamo ma, almeno, con il gusto di aver esplorato l’immanente con un fanta-viaggio meritevole di attenzione. (Max Casali)