lT DOCKUMER LOKAELTSJE "Alles is goed"
(2020 )
Il nome di questo trio post-punk è a dir poco difficoltoso. I testi sono, non a caso, cantati in lingua frisone: un idioma germanico appartenente al ramo occidentale delle zone costiere meridionali del mare del Nord, tra i Paesi Bassi e la Germania. Si dice che quando questi folli musicanti si scatenarono e decisero le prime volte di esporsi in pubblico, lasciarono spesso la loro scia di felice confusione nei luoghi ed ovunque andassero. Con le loro canzoni stravaganti e nervose, riguardanti spettri, mucche, mummie e treni. Produrre post-punk in una lingua forse incomprensibile anche a gran parte delle popolazioni germaniche divenne la folle regola. E lo fecero perché è punk. “Alles is goed” è una maniera frisone per dire “va tutto bene”. Dà il titolo a quest’album (appena uscito per Makkum Records), che è un remake dell’altro album “Alles ist gut” del 1981 dei Deutsch Amerikanische Freundschaft. Band di Düsseldorf, inventori della cosiddetta Electronic Body Music, a cui i nostri si sentono ancora oggi particolarmente legati, artisticamente. Tanto da mettere insieme nello strizzatoio queste dieci tracce e comporne un album dai toni sconclusionatamente variabili. Ed è un punk strampalato, volutamente scoordinato, selvaggio e dai risvolti politici. Si inizia dal brano “Sato Sato” che, a quanto pare, ha un titolo il cui significato risulta oscuro anche ai nostri. Musicalmente è un brano che si regge su un equilibrio batteristico un po' fragile e, talvolta, un po' fuori ritmo. Col successivo “De Mussolini” invece si prende subito un’altra piega e si mette in evidenza il bestiale contributo del bassista/vocalist Peter Sijbenga, col suo basso suonato ma violentato fino a farlo quasi gracchiare. Brano che ha risvolti politici i cui contenuti possono tranquillamente dedursi dal titolo. Con “Reade lippen” (Labbra rosse) si pensa invece di mettere in musica una sorta di filastrocca intervallata da parti distorte, pause, piccole suture musicali. Un brano che sembra composto da tante cuciture di tanti jingles. In “Myn hert dat slacht” (Il mio cuore fa boom) si presenta un intro che porterebbe a pensare agli Strokes dei primi tempi; per poi affondare in una ritmica intervallata da battute e vuoti, con strofe dalla fonetica tipicamente affogata ed esagerata, troppo germanica per far passare il messaggio in maniera efficace. “De róver en de prins” (Il ladro e il principe) ha invece un’interessante climax musicale, più teso ma sensato, con un cantato dal tono tipico di chi sta raccontando una storia dai contorni non definibili. Con suspence. L’intro del successivo “Ik yn it echt” (Io e la realtà) potrebbe stranamente far pensare, per suono ed intenzione, a qualche oscura b-side o outtake dall’album “Aqualung” dei Jethro Tull; almeno fino a quando assume la forma ritmica di una marcia militare. Dalla tesa “As wie't de léste kear” (Come fu l’ultima volta) si passa alla bassistica, “Kopke derby” (Non perdere la testa), col suo giro di basso portante su ritmica scarna ed il canto senza una linea melodica. “De iene tsjin de oare” (Tutti contro tutti) è inoltre uno dei brani più riusciti; sempre col basso a scandire i ritmi ansiosi ed anche a concludere l’opera con un inatteso cambio di ritmo finale. Per poi approdare ad “Alles is goed” (Va tutto bene), accompagnato dal solito aggressivo basso sporco di fuzz, sembra diramare le disposizioni per il da farsi dopo che l’album sarà finito. Quasi stesse cantando-dettando le istruzioni per un assedio, un sabotaggio, una cospirazione. Poi si spegne lentamente, ad intendere che tutto sarà svolto clandestinamente. Come i presupposti ispiratori di quest’album. Ma a parte le buone intenzioni, a parte l’apprezzato approccio strampalato, per quanto autentici vogliano essere i tentativi di rendere i testi adatti alla tendenza della furia punk, si tratta di una lingua, il germanico in generale ed il frisone in particolare, che in questi contesti risulta accettabile (quindi credibile) meno ancora dell’italiano. Viene dunque premiata un’originalità che sa di non avere alcuna particolare storia discografica. Destinata a pochi e non a molti. Ma d’altronde il punk è così, va fino in fondo. Nonostante la follia degli obiettivi. Nonostante gli idiomi. (Vito Pagliarulo)