EARTHSET "L'uomo meccanico"
(2020 )
La sonorizzazione di film d’epoca (o cineconcerto) è uno spettacolo affascinante, per menti curiose, che hanno sete di cultura. È uno spettacolo che richiede, da parte di chi lo propone, una particolare sensibilità nella scelta, nell’esecuzione e produzione dei suoni giusti. Che devono adattarsi ed integrare il messaggio (diretto o indiretto), le emozioni che si lasciano trapelare ed i sillogismi che le immagini in movimento intendono provocare, nella mente di chi segue l’opera cinematografica. Si tratta dunque di integrare il contenuto di un film muto con un linguaggio musicale moderno; quest’ultimo che tenda ad interpretare ed attualizzare il primo. “L’uomo meccanico” dei bolognesi Earthset è un album-testimonianza di una sonorizzazione o moderna soundtrack per l’omonima opera cinematografica. In sostanza, è quello che viene eseguito in concerto come sottofondo musicale alle immagini del film “L’Uomo Meccanico”. Primo esempio, parzialmente disponibile (poiché è esistente solo un lungo frammento restaurato dall’ultima bobina rimasta al mondo), di genere fantascienza/horror. Prodotto in Italia nel 1921, con autore ed interprete il francese Andrè Deed o, meglio conosciuto, Cretinetti. La pellicola ha come soggetto l’automa, con tutte le implicazioni che ne derivano anche nell’età moderna, e culmina con lo scontro materiale tra un automa buono ed uno cattivo. Musicalmente l’album è una lunga suite senza soluzione di continuità. Una composizione/improvvisazione suddivisa in otto brani/capitoli, ognuno collegato con scene risalenti al film. Ognuna ha dinamica diversa e risulta caratterizzata da variazioni ritmico-melodiche. Dimenticando per un attimo il contesto originario, si direbbe possa trattarsi di un album di classico rock sperimentale-psichedelico. Annoverabile tra i contesti pinkfloydiani tipici di “A sacerful of secrets” o “Ummagumma”. Si direbbe, con enfasi, psichedelia pura allo stato brado. La fase di lavorazione è attinente alle registrazioni dell’album avvenute live, tutte nel medesimo contesto. In molte di esse traspare l’intenzione musicale nelle esecuzioni, il tocco sonoro di parti legate all’immagine in movimento, al messaggio che il cineasta vuole trasmettere. Tra i movimenti più interessanti si ricordano quelli centrali. Il “Cap. V – L’uomo meccanico”, con le sue sfuriate elettriche, necessarie al fine di prefigurare il movimento e l’azione dell’automa distruttore. Seguito dal “Cap. VI – La fuga”; ovvero un crescendo ritmico sostenuto e denso di feed-back chitarristici, con distorsioni e cambi di ritmo che creano tensione, ansia, preoccupazione. Mistero, anche legato a ciò che la mente di un cineasta poteva concepire, all’epoca, al fine di far figurare al pubblico la paura. Il finale “Cap. VIII – Lo scontro” è un inferno sonoro di distorsioni. Pare vedere solo dai suoni le sagome dei due automi, che si affrontano nello scontro finale. Fino alla perdizione totale del suono, che si annebbia nei delay e nei reverberi. In una nuvola di mistero che sfuma lentamente, lasciando nell’ascoltatore un senso di distacco dalla realtà. E’ questo in fin dei conti il senso di questo genere musicale, quello di mettere in contatto la mente umana con sé stessa, con le sue visioni, e farla affrontare con l’inconscio. Gli Earthset, con le loro sperimentali sonorità, riescono bene in questo intento e spesso fanno sì che l’inconscio sovrasti anche la parte cosciente nella loro musica. (Vito Pagliarulo)