recensioni dischi
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SAMBENE  "Di signori distratti, blasfemi e spose bambine"
   (2020 )

Gli album celebrativi di opere cantautoriali appartengono ad un filone opinabile sotto vari punti di vista. Primo fra tutti, se sia veramente necessario proporre una rivisitazione di brani che sono entrati, con gli arrangiamenti, le liriche, le emozioni, compresi i difetti o le carenze qualitative di registrazione dovute alla tecnologia del tempo, nel patrimonio culturale di un popolo, grazie alla memoria. E’ il caso di Fabrizio De André, cantautore, vate, personaggio indimenticabile di cui l’Italia si onora (ma non abbastanza) di avere avuto come figlio. Autore che andrebbe incluso nei programmi istituzionali scolastici, al posto di tanti altri autori di cui lo studio si potrebbe tranquillamente procrastinare in età post-adolescenziale. Ha ragione Alessio Lega, cantautore e studioso di canzone d’autore, nel suo intervento nel booklet allegato all’album “Di Signori Distratti, Blasfemi e Spose Bambine” dei Sambene, quando afferma che nonostante si “vocalizzi” De André, anche con arrangiamenti ricchissimi, lo si comprende poco e sarebbe dunque necessario tornare ad un De André più umano, anarchico, narratore. Sarebbe necessario studiare da dove certe intuizioni poetiche abbiano tratto origine e portarle al grande pubblico, in Italia ma soprattutto all’estero. Quindi eseguire, suonare. Spettacolarizzare. Riarrangiare e rieseguire in salsa diversa brani storici, è un’ottima idea. Ma parliamo di attività live. E’ un po' meno esaltante invece incidere album di rivisitazioni. La rivisitazione fatta a qualsiasi titolo od intento di album del passato è un’attività rischiosa e poco opportuna. “Di Signori Distratti, Blasfemi e Spose Bambine”, album dei marchigiani Sambene, alla seconda prova dopo il precedente album di inediti “Sentieri partigiani. Tra Marche e memoria" del 2018, è tuttavia dotato di una struttura artistica suddivisa in tre capitoli: il primo dedicato all’amore (‘di signori distratti’), il secondo alla spiritualità (‘di blasfemi’) ed il terzo sulle tematiche socio-politiche (‘di spose bambine’). E’ composto da 11 brani di Fabrizio De Andrè, compresa una bonus track. Tra questi spicca, come particolarità di arrangiamenti, “Hotel Supramonte”, con una peculiare partitura per flauto tin whistle che immette passaggi tipici da musica celtica. Poi c’è “Canto del Servo Pastore”, ove la bellezza dei versi assume un vestito musicale moderno che li esalta. Infine c’è la bonus track “Girotondo”, che, a sentirla cantata da un coro di bambini dei nostri giorni, su parti eseguite perfettamente - forse anche meglio - del coro di allora, fa un bell’effetto, che sa tanto di condivisione e continuità di sani principi tra generazioni. Al di là di tali esempi, l’idea dei Sambene di presentare, in attività live, determinati contenuti della poetica di De Andrè è degna di stima. Può essere una sorta di lectio magistralis di fronte ad una platea di discenti. Ed è però un’idea di cui si ritiene doveva restare relegata, con tutte le rivisitazioni proposte, solo all’interno delle attività concertistiche. (Vito Pagliarulo)