recensioni dischi
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ERNEST HOOD  "Neighborhoods"
   (2020 )

Mr Hood ed il suo album solista, ''Neighborhoods'', in un'edizione di qualche centinaia di copie uscita oltre 40 anni fa. Lo ha distribuito soprattutto agli amici, e l'album, una curiosa miscela di suoni trovati e proto-ambient, è scomparso nella nebbia del nord-ovest del Pacifico. Ristampato di recente dalla Freedom To Spend Records, non è la prima rarità del genere ad essere tirata fuori dall'etere nel XXI secolo. Ma potrebbe essere la più inquietante, un album che accende una sensazione non dissimile dalla visione di home video della propria infanzia. Se vi siete seduti in cortile al crepuscolo appena prima che le zanzare escano, avete guidato una bicicletta attraverso la periferia in estate, o anche solo guidato in giro per il vostro quartiere con i finestrini abbassati, sentirete nei quartieri un suono aleatorio. Chi è stato il tizio che ha colto questi momenti della vita quotidiana, li ha ridotti in polvere e li ha tessuti tutti insieme? Ernest Hood. Solo nel 1974 Hood iniziò ad assemblare tutti questi field recordings e frammenti di dialogo nei quartieri, intrecciando le voci del figlio e degli amici di famiglia. A quel punto, all'inizio dei suoi cinquant'anni, immaginava l'album come uno sguardo nostalgico alla sua infanzia, un periodo che nel dopoguerra stava rapidamente svanendo dalla memoria. Si parla di un battello fluviale affondato e di treni a vapore, e del graffio di una partita a calcio. Però non si ha mai l'impressione che Hood si strugga tanto per questi tempi perduti, quanto piuttosto di documentare le peculiari somiglianze tra la sua gioventù passata e ciò che poteva sentire intorno a lui in quel momento. L'album si apre con uccelli, cani che abbaiano, un bambino che fischia, una macchina di passaggio, il genere di cose che succede non appena apri la porta di casa e esci nel mondo. Quando le riflessioni della cetra e del synth di Hood prendono vita, si muovono con una logica simile a quella del vento tra gli alberi, prendono velocità e poi muoiono di nuovo. Fa in modo che uno dei suoi primi sintetizzatori esegua cinguettii insieme al suono degli uccelli sincronizzandoli, e poi, per imitare una melodia, i bambini in fondo alla strada urlano l'attimo dopo. La carriera di Hood non è mai decollata, ma quello che ci lasciato è un raro e prezioso documento della dignità di un uomo verso una epoca ormai passata. Forse. (Matteo Preabianca)