MALMÖ "Rotazione rivoluzione"
(2020 )
Il rock e post-rock cantato in italiano è un organismo geneticamente modificato. Pochi scienziati riescono ad isolarne i geni, pochi possono piantare il seme e farlo germinare. Pochi riescono a crearsi un laboratorio ed un seguito di discenti. Tra questi si riconoscono gruppi di studi come i Verdena o Il Teatro degli Orrori. Ed è in questo contesto che i Malmö, band campana, sembrano cercare un posto dove situarsi, tra intenzioni ed esplosioni sonore alla Verdena (al netto del senso di disperazione latente e del linguaggio da valvonauta) e Il Teatro degli Orrori (al netto della follia culturale). In una selva di percorsi sonori che stranamente sembrano anche rimarcare le meno rock-ogm melodie di Moltheni o Umberto Maria Giardini (al netto della ponderatezza e della complessa calma). Quindi la rotazione intesa come riflessione, ciclicità, trascorrere del tempo, crescita personale; poi consapevolezza della rivoluzione e del cambiamento, accettazione dei propri limiti. Sono concetti alla base di questo "Rotazione rivoluzione", che parte con la ritmica simil lo-fi e le esplosioni di "Buchi neri" ma lascia nell'etere tracce interessanti come "Crateri", con i suoi attacchi ad effetto per parlare di verità gridate, inutili ad alleviare un certo dolore esistenziale. Seguiti da "Letargo", con l'esemplare immagine degli orsi svegli che scruteranno il sole per scoprire se fuori è primavera. Preambolo allusivo di una certa società omologata e rincoglionita, dormiente e non curiosa, che non si fa più domande. Passando per le note alte di chitarra al delay in lontananza della meno notevole "Dai diari del giovane Juri", a richiamare spazi siderali immaginati dal cosmonauta sovietico Jurij Gagarin. Per giungere alla più avvincente "Cerchi concentrici" che, al di là della ordinarietà delle tematiche trattate nel testo, ha una particolare vitalità sonora che è tutto un crescendo, verso una salita diagonale ideale del suono. Per poi ricadere assopiti nella dolcezza di un arpeggio trasognante, quello di "Dei fiori, degli odori e di tutte le stelle", brano-cuscinetto prima dell'ascolto di "Wabi sabi", col suo discorso sul concetto filosofico giapponese dell'estetica del difetto e della bellezza dell'imperfezione. Fino alla naturale continuazione strumentale della title track "Rotazione rivoluzione", in rappresentazione di geometrie musicali, crescenti, per una metafora generale circa i moti terrestri ed i suoni del cosmo. E poi la fine, con l'emblematica "Sequoie". Disegno dell'imperturbabilità di un padre agli occhi del figlio, come la robustezza di una sequoia. Nonostante "quell'istante che tutto corre all'inverso", considerato che "anche le sequoie sono state giovani". Il progetto Malmö è tutto sommato degno di considerazione, nonostante si percepisca talvolta l'interferenza tipica italiana del motivetto-giro-riff-musicomelodico. Il tutto viene però controbilanciato dalle esplosioni sonore poste al punto giusto, che andrebbero solo incanalate diversamente, considerata la positiva energia sprigionabile, col supporto di un cantato che, se proprio deve essere in italiano, abbia almeno testi e timbri vocali un po' meno comuni rispetto a quelli proposti.
(Vito Pagliarulo)