recensioni dischi
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HUMAN COLONIES  "Cloudchaser and old songs"
   (2019 )

Da noi, continua a sventolare con fierezza il vessillo del noise-gaze anche grazie al buon apporto fornito dagli Human Colonies: trio bolognese ma ora implementati in Lombardia. Dopo l’album “Midnight screamer” dell’anno scorso, seguito da una scorpacciata di concerti e l’inclusione in rotazioni radio che contano, il nuovo e.p. “Cloudchaser and Old songs” include (sic!) un solo inedito e tre riletture del passato. Magari, ci si aspettava più materiale nuovo, e speriamo che questa prova (seppur valida) sia semplicemente un’anteprima di altri focolari che ardono in cantiere. Entrando nel merito delle quattro tracce, l’unico pezzo nuovo, appunto “Cloudchaser”, trae ispirazione da un racconto di William Blake e si snoda su tappeto ronzinante che incalza senza convenevoli ed insospettabile dolcezza. “Bady” sembra figlia dei Block Party appena usciti da una lezione di shoegaze prontamente assimilata e capaci di librare nell’infinito, estraniandosi dalla realtà con fraseggi algidi e coesi. Agli Human Colonies dategli delle chitarre e vi spiattelleranno esecuzioni vibranti che spingono l’immaginazione verso confini immateriali, in cui vige la surrealità poetica, in grado di mettere a soqquadro la scrittura dozzinale per rigovernarla con allestimenti autorali che diano un sussulto emotivo. Infine, “Hey you!” è l’indiscusso masterpiece dell’e.p., cosi carismatico nell’impasto e capace di magnetizzare anche orecchie altezzose ed attirarle nel suo sciame sonoro che solletica più di una domanda sull’inquietudine esistenziale: basta appoggiare delle “beats” sui padiglioni, obliare ogni menata orbitante nell’anima e darci sotto col volume per intraprendere un viaggio che si ricordi. Buon viaggio! (Max Casali)