ALEX BRAUN "Chasing cars"
(2019 )
Di questi tempi, con ''Stranger Things'' alla terza stagione e i Midnight che riempiono i palazzetti, non è affatto strano imbattersi in dischi come ''Chasing Cars'' di Alex Braun.
Il proliferare della retrowave e dei synth analogici va di pari passo con la riproposizione delle vecchie console anni ’80 e ’90 in formato mini, e questa produzione teutonica fa sperare di non aver buttato il vecchio Commodore 64 col suo scoppiettante SID (Sound Interface Device) e la cassetta di Menace, indimenticabile sparatutto d’antan, per un confronto sonico ad alto tasso di nostalgia.
Partiamo subito col dire che questa è una raccolta di cover, dato questo che impone due vie implicite all’ascolto.
La prima prevede una fruizione libera da preconcetti, “fingendo” di ascoltare i brani per la prima volta, cosa che tutto sommato riesce facile perché il nostro Alex ha pescato per lo più brani secondari, o che hanno lasciato il tempo che hanno trovato impolverandosi sugli scaffali della memoria (''Alex F.'' è il tema di ''Beverly Hills Cop'', 1984, con Eddie Murphy, o “Karl der käfer”, sfidando l’uomo gatto - Papi docet - ad ammettere di avere mai sentito anche solo nominare il brano).
In tal senso le 7 canzoni risultano piuttosto elementari nella loro composizione, a partire da un’onnipresente cassa in quattro che appiattisce la ritmica fino a rendere noioso l’ascolto dell’intero lavoro.
La scelta dei suoni, che mi ricorda più i preset di una tastierina appena sconfezionata che il frutto di un meticoloso lavoro di editing, non aiuta, soprattutto perché la mente non può non correre ai tanti raffinati comprimari di questa scena musicale, come i già citati The Midnight o i meno noti Michael Oakley, L’Avenue, tanto per citarne qualcuno.
L’impressione è quella di una realizzazione che si ammanta eccessivamente di low budget, talmente asciutta da risultare scarna.
Non escludo che l’intenzione primigenia dell’autore potesse anche essere questa, ma il risultato è così magro da non invogliare al riascolto, alla rimasticazione, alla ricerca di qualcosa che poteva essere sfuggito ad un primo distratto assaggio.
Anche la voce, per quanto dotata di una timbrica piacevole, suona monocorde, poco espressiva, pesando sul risultato complessivo che si arena su un’asettica spiaggia di grigi.
Al bivio dell’ascolto, scegliendo la seconda strada, il progetto mostra ancor più la corda.
I pezzi originali possono piacere o meno, ma nonostante l’età, messi a paragone con le cover imbastite da Alex Braun, evidenziano interpretazioni più sentite e melodiche, arrangiamenti decisamente più dinamici e colorati.
Basti pensare a ''Somebody'' dei Depeche Mode (alfieri del movimento elettronico e partiti proprio nel 1980), che perde completamente i connotati della ballata pianistica finendo per assomigliare all’altra cover, quella della ben più nota ''Chasing Cars'', che viene a sua volta privata dell’intima introduzione e della sua esplosiva evoluzione per eseguire rigidamente la lezione che lega in modo assai omogeno il resto delle canzoni di questa omonima prova.
''Chasing Cars'', in una libera associazione mentale, mi fa pensare a quel luogo comune che spesso è l’Italia per chi non c’è mai stato, con la sua pizza, il mandolino e la mafia; ci racconta di quello che gli anni ’80 non sono, e al contempo quello che invece paiono essere nella rappresentazione dell’immaginario collettivo di chi non li ha mai vissuti per davvero: un calderone di suoni sintetici senz’anima al servizio di brani che più o meno finiscono per assomigliarsi tutti. (Alessio Montagna)