recensioni dischi
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LE PICCOLE MORTI  "Vol.1"
   (2019 )

Dopo un paio di autoproduzioni, sotto il marchio di Old Scratchiness, cosa porta una band a cambiar nome? Sicuramente, la voglia di re-settare l’indirizzo stilistico ed il desiderio di avvertire sensazioni di vita nuova. Sotto la nuova identità Le Piccole Morti (rappresentata, in primis, dai fondatori Alessandro Degl’Antoni e Federico Caroli), danno alle stampe il penta-e.p. “Vol 1”, stavolta con testi in italiano e forgiato di varianti dark-wave, noir-rock e sussurri cantautoral-jazz. In avvio, piazzano “Intro”, dall’ampio respiro mantrico, col narrato in bilico tra il cospirativo ed uno spoken-word intrigante e malefico. Intanto, il dolore scritturale avanza e si fa largo con lo straziante singolo “Disamore”, cosi efferato e sincero che lascia interdetti per lo strato emotivo che avvinghia cute e mente, in un ruggito di chitarre maldestre, alternate a soste ponderative di grande impatto. Già da questo paio d’episodi, il combo pavullese ci fornisce un ampio raggio di belle idee assemblative, e sarà lungo il tempo prima che per loro cali il “Sipario”: qui l’angoscia striscia sotto pelle ma con allestimento meno invasivo, in cui danno maggior spazio ad un’asse melodica che sostiene le stilettate d’ugola di Alessandro Degl’Antoni, protese verso apici allucinatori. L’incedere funereo di “Interfuit” è un gran segnale di personalità, poiché un conto è raccontare le cose ammiccando l’orecchio con ruffianeria, ed un altro è quello di sbatterle in faccia con audacia, a modo loro, come un aedo contemporaneo, con la voglia di rottamare l’obsolescenza del ruolo antico, preservando l’onestà declamatoria ed una coerenza riscontrabile anche nell’ultima “Piccole morti”: una name-track (senza l’articolo) che concede una chance uditiva a più anime, veleggiando sempre con tratte noir di fondo ma pennellando, oltremodo, seduttive fluttuazioni cantautorali. Fate in modo che “Vol.1” sia presente nello scaffale di casa vostra, poiché nell’oscurità propositiva del quartetto emiliano si ritrova, di certo, non un’espressione eristica ma, bensi, quell’onesta e fascinosa facondia che denota la grandezza degli artisti sinceri. (Max Casali)