FERRO SOLO "Almost mine: The unexpected rise and sudden demise of Fernando part 2"
(2019 )
Secondo capitolo discografico per la carriera solista di Ferruccio Quercetti alias Ferro Solo, già attivo da vent’anni nei bolognesi Cut. Inizia da dove si era fermato: “Almost mine” era la breve canzone conclusiva dell’album “Almost Mine: The unexpected rise and sudden demise of Fernando (part 1)”. Questa “Part 2” inizia con “Almost Mine reprise”, trentacinque secondi strumentali che danno il benvenuto in questo disco carico di suggestioni garage blues di fine anni ’60 - inizio ’70. “Early bird” è aperta subito dalla voce roca di Ferro, e si sviluppa uno shuffle americano, con tanto di armonica a bocca. “Ziggy pictures”, come già fa intuire il titolo, contiene riferimenti musicali espliciti al Duca Bianco. Infatti il riff rock è condito da un sassofono bowiano. La voce di Solo ricorda quella degli Smash Mouth in “(You could have been my) Joan Jett”, cantando di una donna amata/odiata che deve avere il carattere della celebre rockstar: “You know I hate you and the things you do, and I hate myself for loving you”. Il sassofono graffia su un mood già bollente. “How I died in Brussels” è cantata con sentimento e crescendo, e la narrazione è collegata al brano successivo “You and your new lover”. Prima incontra la ex col nuovo fidanzato, e poi dà loro il benservito: “Fuck you and your brand new lover man”, sopra una corsa che ammicca al country. “Resentment and regret” prende il rancore e ne fa un’introspezione, su chitarre con tremolo e andamento ipnotico. Un sapore new wave caratterizza gli 8 minuti di “One man’s heaven is another man’s hell”, incantandosi sul refrain ripetuto fino all’ossessione, come a voler convincere (e convincersi) del concetto stesso. Si torna al calore della chitarra acustica e del mandolino con “That time of the year”, per una cantata più struggente e un’atmosfera quasi da R.E.M. nei momenti più placidi. Il tempo passa e sembra che la rabbia faccia posto al perdono. La chitarra resta acustica ed arpeggiata, e “Free to love” riporta alla lucidità: “She could be free to love someone else”. L’umore si solleva con il cimbalo beat di “The time we’ve never had”, e con un ritornello da Beatles, e organetto Farfisa che strizza l’occhio alla psichedelia dei primordi. Il commiato dell’album “Airplanes” viene cantato confidenzialmente, a bassa voce e con un po’ di malinconia, per poi lasciarci col rumore degli aerei e le cicale. Una conclusione rilassata, per un secondo capitolo carico di suono caldo e una voce, che prende spunto da Strummer, piena di feeling. (Gilberto Ongaro)