GIOVANNI DELL'OLIVO "La saga del commenda"
(2006 )
Giovanni Dell'Olivo ha scritto "La saga del Commenda (dramma borghese in sei atti)" in treno, nel corso della sua vita di pendolare lungo la tratta Venezia-Treviso. I vagoni lucidi e fatiscenti di questi convogli, che riescono a far rimpiangere le vecchie littorine delle Effe Esse, hanno del resto ispirato gran parte delle sue ultime idee in fatto di canzoni. "La saga del Commenda" è anzitutto un atto d'accusa verso un mondo, incarnato da un blocco sociale ben identificato, quello della borghesia produttiva del Nordest agli albori del nuovo millennio, e verso i disvalori che lo caratterizzano. Le sette canzoni del disco raccontano la sventurata iperbole di un capitano d'industria veneto che dall'apogeo di una vita consacrata al successo ed al potere, giunge all'abisso dell'abbrutimento fisico e morale fino ad essere assassinato da una prostituta nigeriana minorenne. Sembra un fatto tratto dalla cronaca nera di un giornale di provincia, ma in realtà si tratta di un artificio letterario utilizzato per stigmatizzare alcune maschere tragiche, non difficile da ricostruire avendo quotidianamente a disposizione un campionario pressoché inesauribile di caratteri ed aspiranti, tratti dalla cruda teatralità della vita vissuta nella provincia veneta. La Saga tuttavia è anche la presa d'atto dell'impossibilità dell'ascesa dagli inferi di questa gente e dell'intero tessuto sociale che la produce e la alimenta. E' insomma il canto della sconfitta, o il canto di questi sconfitti, destinati a soccombere sotto il meglio della globalizzazione, nuovo e potente padrone cui una società tradizionalmente subalterna non può che rispondere reclinando il capo. All'interno di questo cosmo sociale non c'è quindi solo una realtà retta da ossessioni disumanizzanti, valori rovesciati e mercificazione dei sentimenti e delle persone. C'è il peso di un sottosviluppo economico, e quindi politico e culturale secolari, il senso di revanche sociale urlato con la forza della disperazione, la consapevolezza di appartenere (o meglio di essere incatenati) ad una terra di conquista mai del tutto riscattata. In questo senso il Commenda, per quanto disgusto possa provocare la sua condotta, è la figura tragica dell'uomo determinato della storia, delle propri origini, defraudato dal libero arbitrio senza avere cognizione della propria sudditanza. Ciò è reso evidente nel brano "Verso le otto della mattina" che chiude la Saga e ne costituisce una sorta di controcanto. Il testo è una libera interpretazione della poesia "Le Temp Perdu" di J. Prevert, di cui è mantenuto tuttavia solo l'impianto narrativo. In questa versione, il giovane operaio è rappresentato non tanto in chiave di contrapposizione classista con il patronato (che pure è tenuta in ovvia considerazione) quanto come paradigma delle due diverse condizioni esistenziali del versante dell'emancipazione individuale: in quest'ottica è paradossalmente la "parte debole" ad essere depositata dall'azione liberatoria e rivoluzionaria (decidere di non andare a lavorare in una giornata di sole), mentre l'altra, incarnata dal Commenda, viene incatenata alle regole imposte dal suo status e ne viene, in definitiva annientata.