THE CURE "40 live – Curætion 25th + Anniversary 40"
(2019 )
Ed ecco il mega cofanetto celebrativo della band che ha cambiato gli orizzonti musicali (e forse qualcosina di più) del recensore. Un imponente sforzo che si è tradotto con un quadruplo cd ed un doppio dvd; due live set del 2018, atti a festeggiare Robert Smith ed i suoi Cure.
Non è un caso la scelta del 2018. Risale al 1978 quel singolo (inizialmente edito dalla Small Wonder in 15.000 copie) che con quei giri di chitarra un po’ tendenti all’Oriente ci raccontava di pistole e arabi uccisi in una spiaggia assolata. Che si parlasse di Camus lo capirono non tutti e non subito, tanto che i fascisti del National Front lo elessero ad inno, prima di essere sbugiardati dallo stesso Robert Smith, mentre il leader metteva in musica ed in liriche un romanzo esistenzialista che bene si sarebbe accostato anche alle successive opere del Nostro.
Due concerti differenti per una summa di quarant’anni di carriera. La città è sempre Londra, ma i contesti quanto mai differenti. Nel primo la band se ne esce quasi come un secret show all’interno del Meltdown Festival (di cui Smith era curatore dell’edizione 2018) ed il secondo, invece, il raduno di Hyde Park, in cui 65.000 persone avrebbero ripercorso gli hit della band, in un passaggio temporale che portava dal Rocket pub di Crawley agli stadi.
Nel primo possiamo ascoltare un brano tratto da ogni album dei Cure, più alcune produzioni recenti (come le inedite “It can never be the same” e “Step into the light”, proposte live già nel tour del 2016), mentre nel secondo è Smith che decise di creare uno show volutamente festaiolo, considerata la location ed il clima, assai simile a quello dei grandi raduni musicali estivi.
Perché avere tra le mani questo cofanettone? Il fan non si farà mai queste domande, mentre il curioso potrà avere il valore aggiunto nel ritorno di Tim Pope, lo storico regista dei più indovinati video dei Cure, che riprese in mano la cinepresa e filmò per intero lo show “Anniversary”, nella calura di Hyde Park.
Forse si potrebbe, più nello specifico, vivisezionare i concerti e raccontare le canzoni, ma lascio agli ascoltatori il piacere, riportando, invero, un pensiero di Robert Smith all’alba della pubblicazione di “Concert”, il primo live ufficiale dei Cure. “Generalmente, i dischi dal vivo non sono che fotografie sbiadite di un avvenimento; i concerti sono belli perché il suono è potente e c’è qualcosa da guardare, i vinili che vorrebbero documentarli sono per la maggior parte deboli, pieni di errori e noiosi… non sono che delle antologie”.
Come non essere d’accordo con Robert. Il mio approccio, infatti, è questo. Infilo il cd e chiudo gli occhi, pensando di essere altrove, anche se non è la stessa cosa.
Rimanderei, al riguardo, la lettura della recensione del concerto in esame. Quella che scrissi, quindi, a caldo. Quella in cui la fatica e l’adrenalina erano ancora parte del mio corpo e quella, infine, in cui gli errori o le inesattezze andavano di pari passo con il live show, senza correzioni e ripensamenti di sorta. Quella più sporca e vera, quella dove le gambe fanno male e cerchi di proteggerti dal sole. A pensarci bene, manca proprio questo ai dischi live. Per il resto qui c’è quello che cercavamo tutti.
(GIANMARIO MATTACHEO)