recensioni dischi
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HUMA UTKU  "Gnosis"
   (2019 )

Primo LP di Hüma Utku, appena uscito per la mitica Karl Records, “Gnosis” ci vuole portare a fare un viaggio di consapevolezza, tramite la sua elettronica che mescola elementi techno con ambient e field recording. La gnosi, citata nel titolo dell’album, è quel processo di raggiungimento della verità tramite intuizione, gli esoteristi lo sanno benissimo. Musicalmente, Utku ha tradotto questa ricerca in sei tracce, considerabili un unico flusso narrativo. “Vulnerary” apre con la paura: colpi gravi e potenti, da colonna sonora thriller, ripetuti lungo sei minuti di vento mozzafiato. I colpi continuano in “Black water red”, ma il vento viene sostituito da noise distorto, in attesa dell’avvio di beat ritmici anch’essi distorti, mentre in lontananza si sentono voci femminili ripetere in coro parole incomprensibili. I termini non si capiscono, ma si percepisce il senso di rituale. Utku attinge dai suoi viaggi in Grecia, Egitto e Turchia, per avere un archivio di suggestioni, rubate da cieli diversi. In “Truth from the deepest source”, udiamo una ritmica fatta con mani e piedi, che dev’essere registrata in presa diretta accanto ai mezzi pubblici, a meno che non siano stati ricreati in studio. Si sente il rimbombo che resta nell’aria dopo il passaggio di un treno rapido, ma il treno non si è sentito. Per la maggior parte, i suoni di “Gnosis” sono così: intensi come il fuoco, fuggevoli come l’aria. Al centro della traccia, le mani incontrano i battiti elettronici per andare in una sorta di trance. E ancora si rimarca il concetto principale, nel titolo successivo: “All the universe conspires”. Senza pensare a “L’alchimista” di Coelho, il pezzo è caratterizzato da battiti martellanti e sonorità industrial, in contrasto con l’atmosfera statica e sospesa di “A gift from the dark ages”, che invece di riferirsi allo spazio, riflette sul tempo. E negli otto minuti finali di “All-one”, dove tutto è collegato, interiorità ed esteriorità, dal fondo noise emergono suoni vaporosi che inizialmente tessono un’armonia zimmeriana, ma poi si stabilizzano in un drone. Durante questa esperienza sonora, se si tenta di fare dell’altro, od osservare la realtà circostante, può non succedere assolutamente nulla, come avere delle piccole epifanie, o semplicemente unire dei puntini mentali che non si erano ancora legati. In due parole: può funzionare. Ad majora! (Gilberto Ongaro)