recensioni dischi
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KONRAD  "Luce"
   (2019 )

Quando si dice destino… Quello del pugliese (Alessandro) Konrad (Iarussi) era già scritto dalla nascita, in quanto cresciuto in un contesto familiare dove l’arte era (ed è) all’ordine del giorno. Da oltre 30 anni il suo percorso è passato dal crocevia di due gruppi: Hype e Radiolondra, quest’ultimo in grado di farsi notare tra gli addetti ai lavori (Mauro Pagani e Rocco Tanica) e riviste musicali di culto come Rolling Stones e Raro. Dopo un’incursione nel mondo della celluloide, Konrad non può resistere al richiamo della musica, pubblicando dapprima l’esordio solista “Carenza di logica”: album che non rispecchiava la sua vera indole, quasi fosse confusa o impazzita. Ora, con il nuovo “Luce” fa chiarezza dentro di sé con un lavoro intimamente cantautorale, che rispecchia un Alessandro nudo, vero, autentico, senza filtri, ma con una precisa idea di base: l’incursione introspettiva per rispecchiare sé stesso nell’autenticità e nella coerenza. Ci dà il benvenuto con “Foglie sotto i passi”, fitto di svisate orientaleggianti e sfumature energiche con un lungo finale mantrico. Si cambia lingua con le successive “The man that I am” e “Your eyes”, permeate dall’ukulele sound che avvolge con intensità espressiva, mentre nel “Il sogno reale” c’è il Konrad più tipicamente storyteller. Invece, l’armonica di “Sorpresi e presi” ci porta in àmbiti a stelle e strisce, con eleganti rifiniture assemblative. “No sun will be ever brighter than you” ha un bell’andare dinamico, in cui Konrad dimostra di cavarsela efficacemente con l’idioma di Albione, anche in altri episodi come “Still on your road” e “Sleep tonight”. L’intensa titletrack è una dedica aperta a sua figlia e a tutta la “Luce” che irradia su chi gli sta accanto. Deliziosamente filo-country, il singolo “Four?” offre spunti di tradizione musicale d’oltremanica. L’ultima carta del mazzo se la gioca dal vivo con “Domani”, in compagnia della fedele chitarra, ricalcando in parte l’afflato Vasco-lante di “Ogni volta”. Come si evince, dopo l’ascolto, siamo lontani dalle tinte forti dei Radiolondra (tra l’altro qui rimpatriati al completo), per passare la mano ad una tracklist confidenziale, sussurrata e che riavvolge il nastro verso una profonda ponderazione cantautorale che, da un bel po’, non dava molti segni qualitativi. Qui, invece, di vita ce n’è molta, come pure tanta… ''luce'' diretta e intimamente illuminante. (Max Casali)