recensioni dischi
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DURAN DURAN  "As the lights go down"
   (2019 )

Non erano certo famosi per le performances dal vivo, e l’atroce stecca presa da Simon al Live Aid (“la madre di tutte le stecche”, anche se c’erano diverse giustificazioni) lo andava a dimostrare. Ma, così come era successo ai Beatles, i loro concerti non erano tanto degli show musicali, quanto piuttosto momenti di isteria collettiva, dove serviva urlare, mostrarsi, e se c’era poi anche qualcosa da ascoltare tanto meglio. Comunque, non indispensabile. Ma, come è come non è, “Arena” rimase almeno in Italia come il simbolo di quell’epoca: un album live cortino, e che però non poteva mancare in qualsiasi casa di adolescente che non volesse passare per marziano disadattato. 35 anni dopo, il mondo è cambiato, e il vinile ha bisogno di essere trattato come un panda per evitarne l’estinzione così come gli antichi negozi di dischi: appunto per questo esistono i Record Store Day, a metà tra il preservarne la memoria e un po’ per tenere tutto in vita. In occasione del più recente, i Duran Duran hanno mandato alla stampe la registrazione di concerti dell’aprile 1984, già usciti in DVD, in versione mp3, ma mai con supporti “antichi”. “As the lights go down”, di fatto, è una versione di poco implementata dell’“Arena” di un tempo: entrano “Rio” e “Girls on film”, esce per forza di cose “Wild boys” che all’epoca era ancora nella mente di Simon e soci, e vive dei pregi e dei difetti di quella band, al punto che è un disco che esce su tre lati anziché quattro, quasi a voler dimostrare quel senso di incompiuta che rimane nella storia dei Duran Duran. Ovvero: abbiamo avuto tutto e subito, ma ci è mancato qualcosa per chiudere il cerchio. Alla fine, questo è un live che si potrebbe ascoltare con la serenità che è mancata quando uscì il fratello più vecchio “Arena”, tracciando quelli che furono i primi tre anni dei DD senza farsi prendere dalla follia, o dal pregiudizio, che nel bene e nel male caratterizzò la storia della band simbolo, volenti o nolenti, degli anni '80. (Enrico Faggiano)