recensioni dischi
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VANIGGIO  "Solo un sogno"
   (2019 )

Non si proclama né cantante né musicista, ma soltanto un tipo a cui piace condividere emozioni. Parliamo di Vaniggio (Ivan Griggio), artista originario ed abitante della Svizzera che, sin dall'adolescenza, ha cominciato a forgiare la sua formazione musicale per arrivare ad una certa notorietà con il combo Versivari, e scandendo battiti evolutivi, intersecando preziose formulazioni ed incontri artistici, sufficienti ad insediarsi, con merito, nei palinsesti dei media e sui palchi come support-band di Ligabue, Marillion ed altri big. Oggi, coltiva un sogno, o meglio, "Solo un sogno", attraverso 9 atti di rock sincero, forbito, pianificato con un concreto background e, di conseguenza, credibile. Ma, come aprire la tracklist? Vedete, "A volte basta" saper usare la grinta con equilibrio per strutturare l'inizio dell'album con un bel tiro, senza risultare volgare, come spesso succede a tanti per eccesso d'impeto, convinti di apparire fighi. Invece, "Amoreuncazzo" potrebbe apparire una contraddizione per quanto appena detto ma, se certi tipi di invettiva rendono chiaro un concetto necessariamente con un refrain "forte" ma non debordante, allora capisci che questo metterà d'accordo anche i puritani d'orecchio, poichè l'insofferenza per l'ipocrisia che inquina le relazioni non risparmia nessuno. "Ogni vestito" che Ivan fa indossare alle sue canzoni, state pur certi che non sarà mai frac o smoking da galà, ma casual-jeans strappati e t-shirt a maniche corte, perché qui di sudore se ne butta in quantità, con l'efferatezza di un rock abrasivo e mai compiacente. Ora, l'imperativo è "Dai un nome alle cose", senza girarci troppo attorno, cercando di dare una precisa identità al tuo agire apportando, così, benefici ad una società fin troppo zoppicante e mascherata nell'indecisione: una grande episodio di british-rock, concepito a testa alta e con orgoglioso idealismo. La title-track srotola un gradevole gomitolo di combact-pop, che scalda come certe tessiture dei Nomadi ed orlate con tastiere seventies e mood velatamente west-coast, mentre nelle vene di "Mai come sembra" e "Una carezza non vuol dire amore" scorre sangue del Blasco nazionale, ma solo nell'ispirazione, perché nei contenuti ci pensa Vaniggio a "sporcarle" ottimamente con dettagli diversi: la prima, con l'anima granitica e pervasiva, e l'altra cucendogli intorno un molleggiato e dilettevole blues. In chiusura, il nostro lancia il serrato treno di "Stessi sbagli": non quelli che ha commesso lui, rispettando i canoni di come si debba esprimere il rock ma, semmai, quelli che commettono sedicenti rockers presuntuosi, convinti che basti buttar lì una manciata di schitarrate per tirarsela all'istante. Invece, Ivan (con proverbiale calma svizzera) ha costruito il suo cammino con tappe significative: studiando, collaborando con personaggi di spessore, militando in un paio di band, e questo, a casa mia, chiamasi "farsi le ossa" seriamente. E nulla si genera dal caso, né tantomeno album come questi: capaci di scuotersi con stilemi rocciosi quanto umilmente efficaci, senza l'ansia da prestazione, e Vaniggio ce lo rivela nel titolo: male che vada,"Resta un sogno" ma, occhio! Crediamo che sarà molto più di un rock-dream. (Max Casali)