recensioni dischi
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ACTION DEAD MOUSE  "Il contrario di annegare"
   (2019 )

Emanuele, Luca e Filippo sono gli Action Dead Mouse, trio bolognese attivo da oltre dieci anni in una zona di confine indefinibile, eppure in apparenza così chiara. Band, disco, strutture, idee: tutto è obliquo in un lavoro tanto più inafferrabile quanto più sembra indirizzarsi verso territori noti.

Proposta acida e irriverente, “Il contrario di annegare”, pubblicato per To Lose La Track/E’ Un Brutto Posto Dove Vivere/Ideal Crash/Floppy Dischi, è il loro quinto album, il terzo in italiano considerando anche “Perché questa casa ci esplode negli occhi?”, ep del 2013.

Forti di un approccio trasversale a materiale spinoso e ben poco accomodante quale è questa mistura frenetica e pungente di deragliante post-hardcore, imbastiscono un lavoro metallico e scomodo, ricco, intenso, sovraccarico. Duro & crudo, intriso di foga e dispettosa virulenza, avaro di melodia, accentua con decisione ogni spigolosità buttandosi oltranzista lungo il versante meno impervio di certo noise intellettuale, lambendo perfino in alcuni episodi una svagata aria emo.

Ha testi a stento percepibili, sovente gridati in uno screamo mai frontale che pare giungere dall’aldilà, dalla stanza a fianco, o semplicemente da qualche metro più in là del microfono, parole urlate sopra brani nervosi, sghembi e aggressivi, foschi panorami tra Unwound, Unsane o al limite i Low Pop Suicide nella più lineare “Questa era glaciale”.

Più desolato e disilluso che violento, nonostante la veste che trasuda furia e urgenza, l’album è un martellamento ossessivo fragoroso e dissonante. “Parlare nel sonno” sono quasi i Massimo Volume, una specie di ballata che finisce per impennarsi in un post-qualcosa à la June of ’44. “I planisferi delle scuole”, con addirittura un abbozzo di canto, inizia con stop-and-go singhiozzanti e nevrotici à la Jesus Lizard; “Perifrastica passiva” ha melodia, ritmo veloce, arpeggio di chitarra, un canto quasi normale, ma sempre distante, mentre la conclusiva “Rimini” sembra richiamare il primo Teatro Degli Orrori.

Lo schema è spesso simile e ripetuto: introduzione strumentale, testo inintelligibile affogato nel frastuono, disturbi assortiti. A lungo andare, l’espediente sottrae forse varietà, ma paradossalmente costituisce il marchio di fabbrica di una band ineffabile, aspra, incatalogabile. (Manuel Maverna)