FRIGO "Non importa"
(2019 )
Personale, opinabilissima impressione: nel pop italiano più recente – da Niccolò Contessa in poi, azzardo - la forma-canzone sembra seguire una linea standard.
Fatta di pezzi con: ritmo piuttosto accentuato (1), melodia piuttosto accentuata (2), ritornelli ad effetto con un bel gancio testuale piuttosto accentuato (3), sound pieno e rotondo con linee di basso – vero o finto che sia – piuttosto accentuate (4), infine testi intelligenti-ma-non-troppo che ammiccano ad un immaginario nerd-hipster-loser-infondochissene (?) piuttosto accentuato (5).
Intendiamoci: il risultato è spesso gradevole, e una decina d’anni fa album come questo “Non importa” dei toscani Frigo per La Clinica Dischi e Luovo/iCompany/Artist First (mi) avrebbero fatto gridare al miracolo ed alla new-wave-of-italian-qualcosa: oggi di dischi così - che allettano, ma sorprendono anche? - ne abbiamo in abbondanza, ininfluente che sia un pro o un contro.
E sono dischi ben scritti, ben arrangiati, ben eseguiti, ben prodotti (qui da Pietro Paletti e Francesco Felcini): purtroppo capita talvolta di intuire in anticipo dove andranno a parare. Gran film finchè si vuole, ma lo hai visto la settimana scorsa e il finale lo conosci.
I Frigo – non dei novellini - se la cavano egregiamente, sguazzando a loro agio nel mare magnum dell’electropop nostrano grazie ad un lavoro fresco e stilosetto, sontuosamente riassunto ne “La gioia e l’ansia”: esempio calzante della linea standard di cui sopra, unisce in tre minuti i puntini da (1) a (5). Una perfetta canzone di domani, nulla da eccepire.
In “Non importa” c’è tutto il contemporaneo di cui hai bisogno: c’è il chorus dell’iniziale “Quando tu non ci sei” che richiama perfino certe chiassose sparate degli Indochine (meglio, che fa un po’ esotico); c’è la sfilata di toponimi di “Via dei Bardi”, che nel pop ci stanno come il cacio e rendono più realistici i brani, così la gente ci si riconosce. Ci sono alcune validissime intenzioni/intuizioni/tentazioni à la Alessandro Fiori (“Vento da maiali” e “Pamela”, con coro finale da Battiato), non suffragate dalla sua sardonica cattiveria, ma comunque pregevoli. E non manca l’up-tempo accattivante di “Leoni da cortile”, brano impegnato che ha vinto il concorso “Mai in silenzio” sulla violenza di genere bandito da Controradio: bel pezzo, che mi ricorda gli Zero Assoluto (bravi, quei due ragazzi, peccato li abbiano in parte dimensionati a prodotto per ragazzine, eppure il loro era già pop pre-Contessa).
Tutto qui: e “Non importa” rimane un buon album che otterrà buoni consensi, perchè fa quello che deve, e lo fa bene, ça va sans dire.
Il problema, semmai, è un altro.
Tra Niccolò Contessa e i Frigo c’è la stessa differenza che passa tra Paolo Bonolis e Carlo Conti: bravi tutti! – chioserebbe entusiasta Maurizio Costanzo –, ma dai secondi sai già cosa aspettarti. (Manuel Maverna)