ARASHI "Jikan"
(2019 )
La collaborazione giapposcandinava fra Akira Sakata, Joan Berthling e Paal Nilssen-Love prende il nome di Arashi. Paal Nilssen-Love è un nome ricorrente in Music Map: tantissime sono le sue collaborazioni all’attivo in ambito free jazz, oltre ai lavori firmati col proprio nome. Akira inoltre è noto per alternare le sue performance di sassofonista e clarinettista, ad improvvisazioni vocali o in giapponese, o con dei versi in grammelot, puntando totalmente sull’espressività dell’interpretazione, seppur astratta. Gli Arashi, nella registrazione “Jikan”, appena uscita per la PNL Records, racchiudono un’esibizione live al club Pit Inn di Tokyo, che conta quattro capitoli. Il primo, “Saitaro-bushi Arashi”, inizia con degli armonici pizzicati di contrabbasso e degli ipnotici campanellini, sui quasi Akira inizia subito a recitare, con voce grave e sospirata, versi affaticati e sforzati. Berthling passa da un pizzicato a strofinare di lato le corde, dando quell’effetto disturbante di cerniera rotta, affiancandolo a singoli colpi jazzistici, come un walking disinnescato, con passi incerti e compiuti di soppiatto. Poi passerà a trattare lo strumento come fosse uno strano fiddle irlandese. Ma l’attenzione è dirottata principalmente da Sakata, che modula la voce spingendosi fino al gutturale, mentre Paal ogni tanto batte sui timpani con una cadenza rituale, da teatro kabuki. Resterà a fine brano da solo, con percussioni varie. Dopo gli oltre 12 minuti del primo capitolo, i fiati non sono stati toccati. “Jikan” invece si avvia col sassofono da solo nel silenzio, intonando con intensità melodie ampie e dolorose. Viene poi raggiunto con foga dalla batteria, mentre il contrabbasso sbatte violentemente le corde, contribuendo ad un sentore drammatico. Akira partirà da solo con il sax anche nel successivo “Yamanoue-no-Okura”, ma stavolta in maniera più spiritosa, con note staccate e saltellanti. Ad un certo punto inizia anche delle urla, che però convoglia nel sax, nel bel mezzo di un caos organizzato, dove perdere il senso critico. Al nono minuto si sente un suono derivato dal fiato, ma completamente trasformato dagli effetti. Ed eccolo di nuovo recitare urlando, accompagnando una nuova sessione noise del trio. Infine, “Tsuioku (Remembrance)” parte con una sospensione temporale, descritta dai piatti della batteria, accarezzata dal clarinetto. Il contrabbasso qui si distingue per note rapide e tremolanti, e alla fine dell’esecuzione si sente l’entusiasmo del pubblico che ha assistito. Come sempre, dove c’è Paal Nilssen-Love c’è caos. E qui, con Berthling e Sakata, ha trovato due complici ideali, in perfetta sintonia. (Gilberto Ongaro)