recensioni dischi
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ANALOGUE-X  "Imaginary"
   (2019 )

Sarà un caso, ma è un’equazione ricorrente. Non si sa se siano i cantanti dalla voce parecchio virile, ad amare tutti la musica anni '80, o se al contrario, sia cantare la musica anni '80 a farti automaticamente crescere i muscoli alle corde vocali. Fatto sta che il binomio è frequentissimo! Partendo da Dave Gahan dei Depeche Mode, passando per Rick Astley, The Human League e Tears for Fears, sono molti i vocioni a caratterizzare il synth pop del decennio reaganiano. René Mussbach evidentemente si inserisce a proprio agio in questo filone, sbirciando suoi vecchi lavori su YouTube, firmati con un inequivocabile nome d’arte (Depechen). Ma assieme a Susan Mussbach e ad ALexis Voice, René forma nel 2017 il trio tedesco – ungherese Analogue-X, che oltre alle sonorità ottantiane, aggiunge anche qua e là spruzzate della dance anni Novanta, per ottenere un risultato oggi definibile retrowave, che non sembra però avere alcun sapore di nostalgia. Nell’album “Imaginary” ascoltiamo tredici canzoni sostenute da suoni sintetici, bassi quadrati e gommosi (soprattutto in “Stage of life”), tastiere che suonano distese di pad ampi ed ondulati, e la voce calda e profonda di René che ridà vita al new romantic, con melodie delicate, non disturbate dalle sonorità continentali e opalescenti. Sia nei brani dalle velocità più serrate, che nei lenti, si respira quel clima mitteleuropeo affine a questa scena. Gli arrangiamenti di ALexis Voice (da scrivere rigorosamente con A e L maiuscola) vanno verso un sophisti-pop che non permette di cadere mai nel truzzo e nel banale, rischio facile quando si fa synth pop. Tra le canzoni, episodi come “Facade” e “Call your name” si elevano sulla qualità, di per sé già buona, del resto. Per gli amanti di questo revival, non ancora sazi dal 2011 (anno della diffusione internettiana dell’estetica vaporwave), questi anni ’10 non possono che concludersi al meglio, con gli Analogue-X. (Gilberto Ongaro)