recensioni dischi
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TV LUMIERE  "Avrei dovuto odiarti"
   (2019 )

Su etichetta I Dischi Del Minollo, “Avrei dovuto odiarti” segna il ritorno del quartetto ternano Tv Lumière a ben otto anni dal precedente “Addio! Amore mio”.

Dei tre album passati, due sono editi dalla Acid Cobra Records di Amaury Cambuzat (Ulan Bator) ed uno dalla Seahorse Recordings di Paolo Messere: coordinate di riferimento non trascurabili per un disco che si presenta, difatti, fedele ai propri canoni, ostinatamente ed ostentatamente virato in noir, a tal punto da suonare a tratti quasi eccessivo, come languisse intrappolato nel suo stesso abito.

Poco male: avrei potuto odiarti/ma avevo altri impegni è l’incipit della sontuosa l’opener “L’indifferenza”, sei minuti foschi e minacciosi immersi in un clima soffocante, percorso che si snoda tra suggestive evoluzioni strutturali. E’ trattenuta, tesa, infida, promettente.

Da lì in avanti l’album si muove spavaldo in territori congeniali, infilando una serie di ballate oscure – apprezzabile “L’appartamento sul Lungonera”, esaltata dalle profondità del basso di Alessandro Roncetti - figlie più di una compassata vena cantautorale piuttosto che di una scrittura adatta ad essere esaltata dall’esecuzione corale. Interessante la velocizzazione western de “Un sicario”, mentre slide e fiati rivestono “Fondo alle ancore!” di una teatralità antica che ricorda i Sacri Cuori in uno schema retrò, dolcemente smorzato dal canto distante di Federico Persichini.

Pur formalmente semplici, i brani sanno affidarsi a contrappunti che ne accrescono il potenziale mesmerizzante (le modulazioni delle chitarre e l’uso di inserti in tedesco in “Canzone bianca”) e li avvolgono in una cupa atmosfera decadente: più che Cave (anche se lo strumentale “La strage di San Valentino” pare evocarlo) mi scorrono davanti agli occhi i primissimi Diaframma, certi Baustelle, i Black Heart Procession e - massicciamente - l’Umberto Palazzo del meraviglioso album solista (“Canzoni della notte e della controra”, 2011). Ma anche - e perfino - i CSI, quelli de “L’ora delle tentazioni” o “Memorie di una testa tagliata”, suggestivamente rievocati negli otto minuti della intensa, quasi cinematografica “Ipotesi di ritirata” così come nelle atmosfere tese ed inquiete della conclusiva “Sonny J. Barbieri”.

Forse la sorpresa, lo stimolo, la botta, il coup de théâtre tendono a latitare, ma lo spirito – è innegabile – rimane quello giusto per esaltare a dovere questa musica raffinata, buia e strisciante, introversa ed elegante, mai scontata. (Manuel Maverna)